Forza Italia è "Bellissima". Tajani corteggia Damilano
07:00 Lunedì 03 Novembre 2025I partiti del centrodestra considerano chiusa l'esperienza civica e per il 2027 a Torino puntano su un politico. Il nodo della lista pocket dell'ex candidato sindaco che il vicepremier e Cirio vorrebbero "federata" alla formazione azzurra. I piani tra FdI e Lega
Era il 18 ottobre 2021 quando Paolo Damilano, l’imprenditore acqua&vino sfiorò il colpaccio a Palazzo Civico. Con il 40,77% dei voti (116.322 preferenze), cedette il passo a Stefano Lo Russo che incassò il 59,23% (190.563 voti). Al primo turno, la sua lista civica “Torino Bellissima” aveva brillato con l’11,86% (35.658 voti), eleggendo quattro consiglieri oltre al fondatore: la cugina Silvia Damilano, Pino Iannò (poi uscito dal gruppo), Pierlucio Firrao detto “Pilu” e Piero Abbruzzese. Una tempesta nel bicchiere del centrodestra: surclassata Forza Italia, precipitata al 5,3% (2 consiglieri), bagnato il naso alla Lega, restata sotto la doppia cifra (9,84% e tre consiglieri) e battuta seppur d’un soffio Fratelli d’Italia al 10,47%. Visti i precedenti – di candidati sindaci che manco arrivavano al ballottaggio – fu un risultato più che onorevole. Eppure, quella “pesante sconfitta” – come la definì lo stesso Damilano – lasciò scorie nel centrodestra, con l’imprenditore che attribuì parte del ko allo scarso sostegno degli alleati, rei di aver marcato posizioni di partito nelle ultime battute invece di tirare la volata all’alfiere dello schieramento, intaccando il suo profilo liberal e istituzionale indispensabile per intercettare consensi moderati.
Vaste programme
È andata proprio così: si era nell’ultima fase dell’emergenza Covid, e Lega e FdI – in primis –contestavano vaccini e green pass, chiudendo porte sui diritti civili con la rigidità di un portone blindato. Damilano, rielaborato a fatica il lutto, mollò gli ormeggi: lasciò il centrodestra accusandolo di una “virata populista” e puntando il dito contro la “profonda crisi di identità politica e di leadership” della Lega, che pur non nominandola, “ne mina la credibilità acquisita in questi ultimi anni di grande consenso e successo”. Espresse la volontà di proseguire “autonomamente nel progetto di ricostruzione liberale di Torino e del Paese”. Vaste programme, come direbbe De Gaulle sotto la Mole. Da allora, tanta acqua è passata sotto i ponti del Po, e le ruggini si sono un tantino sfumate.
Niente civismo, torna la politica
A un anno abbondante dalle urne 2027, i partiti hanno archiviato ogni ipotesi di civismo, puntando a recuperare la rappresentanza diretta. Politico sarà il candidato sindaco – il fratello d’Italia Maurizio Marrone – politico il tratto dello schieramento che si contrapporrà al centrosinistra, campo largo o formazione classica che sia. Da qui il diktat, pronunciato a mezza bocca e per ora affidato alla “quintessenza delle quarte file”, come li chiamava Alfredo Biondi, maestro di ironia: nessuna lista che possa cannibalizzare i partiti. Con qualche distinguo, però.
La Lega ha un vecchio conto da regolare con Damilano, definito “irriconoscente” dopo che Matteo Salvini ne perorò la candidatura alle comunali 2021 e in precedenza tentò fino all’ultimo di metterlo in pista alle Regionali 2019 al posto di Alberto Cirio. FdI, alla fine, intravede qualche vantaggio: Torino Bellissima coprirebbe quell’elettorato moderato e centrista che il partito fatica ancora a intercettare, vieppiù con una figura “identitaria” come Marrone. Ai meloniani, tutto sommato, farebbe comodo limare le unghie degli alleati, evitando che crescano troppo alle sue spalle. Magari la lista di Damilano potrebbe persino essere il perno di quella del candidato sindaco, chissà.
Chi invece la vede come fumo negli occhi è Forza Italia, che teme una concorrenza spietata nello stesso bacino. Mentre la prima linea locale assume toni estremisti – persino più di FdI e Lega sui temi della sicurezza – lo stato maggiore azzurro ha però piani meno grossier.
Da Bruxelles a Terna, e viceversa
È partito da tempo il corteggiamento di Damilano: prima ospitandolo nelle liste alle Europee 2024, dove è primo dei non eletti nel Nord Ovest con 12.604 preferenze (in tandem con Letizia Moratti, che a dispetto degli auspici non è entrata al governo e quindi per il momento non molla lo scranno); poi piazzandolo in un posto pesante nel sottogoverno. A luglio scorso, ecco l'ingresso nel cda di Terna, operatore della rete elettrica italiana, proposto da Cdp (controllata dal Ministero dell’Economia, guidato da un amico di lunga data di Damilano, Giancarlo Giorgetti).
L’obiettivo di Antonio Tajani – che ha parlato ancora recentemente con lui – e di Alberto Cirio, a cui è legato da rapporti frequenti e fraterni, è farlo entrare organicamente in Forza Italia. In quella “nuova” Forza Italia che al prossimo congresso, sulla spinta della famiglia Berlusconi, torni a un éclat liberale, allargandosi a figure più fresche pescate dal mondo caro al berlusconismo dell’epoca d’oro: professionisti, le partite iva, i capitani d’impresa. Del resto, non sfugge che l’uomo-macchina di Damilano, Enrico Delmirani, sia da tempo nello staff del governatore per il quale cura i rapporti con gli amministratori locali.
Un matrimonio d'interesse
I sondaggi, tra cui quello commissionato a inizio settembre dallo Spiffero, confermano che Torino Bellissima lungi dall’essere un fuoco fatuo gode ancora di un notevole appeal. I numeri parlano di un potenziale tra il 7 e il 9%, quasi il doppio di Forza Italia, inchiodata al 4,5%. Sommati, surclasserebbero la Lega e arginerebbero FdI.
Damilano non ha deciso, ma chi gli ha parlato recentemente ne ha tratto l’impressione che, oltre al piacere per le lusinghe, stia mettendo in fila le diverse ipotesi per il futuro: suo e della lista, per quanto siano indissolubilmente legati. Esclusa la candidatura a sindaco – perché spetta a Meloni ed inoltre è consapevole che sarebbe una sciapa minestra riscaldata – e pure quella a governatore post-Cirio. . Il gruppo, del quale lui oggi – dopo l’uscita dai ruoli operativi del fratello Mario – rappresenta la proprietà familiare, è a uno snodo importante per lo sviluppo internazionale e, prima ancora del potenziale conflitto di interessi per le concessioni delle acque (assieme al vino, core business dell’azienda), governare la Regione non rientra più nel novero dei suoi interessi.
Discorso diverso per lo scranno di Bruxelles, dove potrebbe sedersi nell’ultima fase della legislatura –considerando che la Moratti verosimilmente si candiderà al Parlamento italiano –, ponendo così le basi per un secondo mandato successivo. E in questo quadro si innesta la “questione” della lista Torino Bellissima che potrebbe entrare come “federata” nella lista di Forza Italia – come nella precedente campagna elettorale fecero il Pli, i Pensionati e l’Udc. Anzi, secondo i più entusiasti propugnatori del piano si dovrebbe già tentare di arrivare tra qualche mese, alle ultime battute della consiliatura, a federare i due gruppi: un modo per preparare il terreno prima dei tabelloni elettorali.
Torino Bellissima alle comunali 2027 ci sarà, ha promesso Damilano. Dipende come: autonoma, federata o assorbita? Il Po continua a scorrere, tra le nebbie della politica subalpina.


