ECONOMIA DOMESTICA

Ilva alla canna del gas. Il Consiglio di Stato "riapre" gli stabilimenti. Sciopero a Racconigi

Palazzo Spada sblocca la fornitura ad Acciaierie d'Italia, evitando lo stop agli impianti. In Piemonte gli operai del sito cuneese incrociano le braccia, mentre il consiglio comunale di Novi Ligure chiede all'unanimità un intervento pubblico urgente

Con una decisione che evita il rischio immediato di paralisi produttiva, il Consiglio di Stato ha accolto l’istanza cautelare presentata da Acciaierie d’Italia (ex Ilva), consentendo la prosecuzione della fornitura di gas negli stabilimenti chiave del gruppo. Il pronunciamento dei giudici di Palazzo Spada, contenuta nell’ordinanza n. 3992 del 4 novembre 2025, sospende l’esecutività di una sentenza del Tar Lombardia e fissa l’udienza di merito al 9 giugno 2026. Ma mentre i vertici celebrano questo “salvataggio temporaneo”, sul territorio piemontese la crisi esplode: scioperi a sorpresa a Racconigi e appelli unanimi dal Consiglio comunale di Novi Ligure. La vertenza, appesa a un filo di debiti accumulati e incertezze sulla vendita, minaccia migliaia di posti di lavoro e l'intero settore siderurgico nazionale.

Un respiro per gli impianti

Il fulcro della disputa risale a un atto dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera), emanato il 7 settembre 2023. Con questa delibera aveva imposto a Acciaierie d’Italia un termine perentorio per individuare un nuovo fornitore di gas sul libero mercato e definire le modalità di trasporto, ponendo fine al cosiddetto “servizio di default” gestito da Snam Rete Gas. Questo meccanismo, attivato in deroga per far fronte all’emergenza energetica del 2022-2023, aveva permesso all’azienda di continuare le operazioni nonostante i mancati pagamenti, con costi a carico della fiscalità generale. Secondo fonti e relazioni ufficiali, il cuore del problema è un debito colossale accumulato verso Snam: circa 109 milioni di euro in fatture scadute al 31 dicembre 2023, più altri 69 milioni stimati per novembre e dicembre dello stesso anno.

In sostanza, Acciaierie d’Italia – in amministrazione straordinaria dal 2021, con un debito complessivo stimato in miliardi – non ha rispettato gli obblighi di pagamento né individuato alternative sul libero mercato. Nel 2023, l’azienda ha ricevuto offerte di fornitura solo da Eni, insufficienti a coprire il fabbisogno degli stabilimenti come Taranto, Genova, Novi Ligure e Racconigi.

La società, lamentando l’“eccessiva brevità” del termine fissato da Arera, aveva impugnato l’atto davanti al Tar. I giudici milanesi, con la sentenza n. 3104 del 2025, avevano respinto il ricorso, dando luce verde alla possibilità di interruzione della fornitura. Ma il tribunale amministrativo non aveva concesso misure cautelari immediate, congelando di fatto l’esecuzione solo in attesa di ulteriori interlocuzioni tra Arera, Snam e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Ora, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato interviene con forza: accogliendo l’appello cautelare di Acciaierie d’Italia, i giudici sospendono la sentenza del Tar e ordinano la prosecuzione della fornitura di gas. L’obiettivo è evitare “l’interruzione dell’attività produttiva svolta negli impianti di interesse strategico nazionale”, come quelli di Taranto, Genova, Novi Ligure e Racconigi il “conseguente pregiudizio per l’occupazione”. Si tratta di una mossa che bilancia gli interessi pubblici: da un lato, la tutela di siti considerati “strategici” ai sensi del decreto legge n. 207/2001 (che include gli impianti siderurgici ex Ilva); dall'altro, il limite a un onere indefinito sulla collettività.

Sciopero a sorpresa a Racconigi

Mentre i tribunali romani deliberano, il Piemonte – con i suoi poli di Racconigi e Novi Ligure – è teatro di una protesta lampo che denuncia l’incertezza sul destino del gruppo. Stamattina, 4 novembre 2025, i lavoratori dello stabilimento di Racconigi (in provincia di Cuneo) hanno proclamato uno sciopero a sorpresa, radunandosi all’esterno e impedendo l’ingresso ai camion. La produzione di tubi è ferma, e quasi tutti gli 87 addetti sono bloccati: da questa settimana, la cassa integrazione colpirà 80 di loro, oltre il 90% della forza lavoro.

“Il tempo delle parole è terminato, occorrono soluzioni urgenti”, ha tuonato Domenico Calabrese, segretario provinciale della Fiom Cgil di Cuneo, l’unico sindacato presente nello stabilimento. La Fiom ha invocato un intervento della Regione Piemonte per un’integrazione salariale, mentre il Governo è chiamato a “fare la propria parte” in un contesto di "situazione esplosiva”. Lo sciopero è legato all'incertezza sulla vendita di Taranto, che trascina nel vortice l’intero gruppo. Dieci offerte sono sul tavolo per gli stabilimenti ex Ilva, ma molte puntano solo a singoli poli come Racconigi, alimentando timori di “spezzatino”. L'11 novembre, a Roma, si terrà il tavolo atteso con i sindacati al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, slittato dal 28 ottobre. I metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil chiedono garanzie su continuità produttiva, manutenzione degli impianti e decarbonizzazione, con un focus su occupazione e salute.

Novi Ligure, politica unanime

A poche ore di distanza, lunedì 3 novembre, il Consiglio comunale di Novi Ligure ha approvato all’unanimità un ordine del giorno sulla crisi di Acciaierie d’Italia, frutto di un impegno trasversale di tutti i gruppi consiliari. Il documento, discusso nella sala consiliare di palazzo Dellepiane, sottolinea la necessità di una “strategia industriale pubblica e sostenibile per l’acciaio”, settore “strategico per l’economia nazionale e la filiera manifatturiera”.

Tra le richieste concrete: salvaguardia dei livelli occupazionali, tutela delle competenze tecniche specializzate, ripristino urgente della fornitura di coils laminati a freddo (anche tramite canali alternativi), e inserimento della linea di zincatura a caldo di Novi nel piano industriale nazionale, con l’obiettivo di metterla a pieno regime entro il 2025. Non manca un appello per un piano di manutenzione e riqualificazione energetica, per rendere lo stabilimento competitivo sul mercato globale.

Il sindaco Rocchino Muliere ha dipinto un quadro “drammatico”: incertezza totale, pesante debito aziendale e cassa integrazione che coinvolge 4.000 lavoratori a livello nazionale (170 su 550 a Novi Ligure). “Fondamentale un intervento statale immediato”, ha sottolineato Muliere, ma “dopo la fase di salvataggio pubblico, servirà un intervento privato per rimanere competitivi”.

Debiti, offerte e appelli

La crisi di Acciaierie d’Italia è il simbolo di un’industria siderurgica italiana in affanno, con Taranto come epicentro di tensioni ambientali, sanitarie e occupazionali. Con 10.500 dipendenti diretti e un indotto vasto, il gruppo – passato da ArcelorMittal all’amministrazione straordinaria – produce oggi metà di quanto previsto nei piani 2020. Il secondo bando per la cessione, chiuso il 26 settembre 2025, ha portato dieci proposte, ma solo due coprono l’intero perimetro, lasciando aperti scenari di frammentazione.

Mentre il Consiglio di Stato offre una tregua, i lavoratori di Racconigi e Novi Ligure mandano un messaggio chiaro: senza un piano nazionale concreto, il rischio è una “bomba sociale”. Al tavolo dell’11 novembre a Roma sindacati, Governo e commissari dovranno tradurre le ordinanze in azioni, prima che il gas – metaforico e letterale – finisca per davvero. L'acciaio italiano, pilastro manifatturiero, non può permettersi altri rinvii.

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