Dal Fabbro getta l'Ue nel cestino. E tira fuori le materie prime
15:37 Mercoledì 05 Novembre 2025Per il presidente di Iren il futuro della competitività industriale italiana passa dall'urban mining, dal riciclo e dal riuso. Una "miniera urbana" capace di trasformare i rifiuti elettronici in risorsa strategica e indipendenza economica. Il ruolo del Piano Mattei
L’Italia ha nelle proprie mani la possibilità di coprire fino al 66% del fabbisogno nazionale di materie prime critiche, investendo 2,6 miliardi di euro nella filiera del riciclo. È quanto emerge dal Rapporto Strategico “La geopolitica delle Materie Prime Critiche: le opportunità del Piano Mattei e dell’urban mining per la competitività industriale”, presentato da Iren a Ecomondo di Rimini e realizzato da Teha Group.
Il documento fotografa un quadro globale sempre più teso: la domanda mondiale di materie prime critiche (litio, cobalto, grafite, gallio, silicio, ecc.), indispensabili per produrre batterie, pannelli e componenti elettronici, è cresciuta dell’11% rispetto al 2021 e potrebbe aumentare di un ulteriore 34% entro il 2030. L’espansione dell’intelligenza artificiale e dei data center contribuirà da sola a un +10% di fabbisogno. Intanto, la concentrazione delle catene di approvvigionamento si fa sempre più marcata: nel 2024, l’86% della raffinazione mondiale è controllato da soli tre Paesi, contro l’82% di quattro anni fa.
Per l’Europa, queste risorse sono ormai essenziali: abilitano 3,9 trilioni di euro di produzione industriale, pari al 22% del Pil dell’Unione. Ma è proprio l’Italia la più esposta tra le cinque principali economie europee, con il 31% del Pil nazionale – circa 675 miliardi di euro – legato a settori che dipendono dalle materie prime critiche. Una crisi di approvvigionamento metterebbe a rischio 88 miliardi di produzione industriale.
Una miniera del riciclo
“Il percorso verso l’autosufficienza resta complesso – ha spiegato Luca Dal Fabbro, presidente di Iren – perché l’Italia non dispone di riserve minerarie significative, ma può diventare un hub europeo per il riciclo e il recupero delle materie prime seconde”. La chiave, ha aggiunto, è “l’integrazione tra partnership internazionali strategiche e investimenti nell’economia circolare dei Raee”, le apparecchiature elettriche ed elettroniche dismesse. Due leve, queste, “in grado di rafforzare la competitività industriale e ridurre la dipendenza dai fornitori esteri”.
“Meno CO₂, più materia prima critica”
Dal Fabbro non ha risparmiato una stoccata a Bruxelles: “L’Europa dovrebbe occuparsi meno di CO₂ e più di recupero dei materiali. Dovrebbe pensare più a una politica industriale che a una politica ambientale. La sostenibilità vive solo se esiste un’industria – ha detto – e quell’industria deve essere ambientalmente sostenibile. Quindi: meno CO₂, più materia prima critica”. Per il numero uno della multiutility, “abbiamo una dipendenza importante: il 31% del nostro Pil dipende direttamente o indirettamente da queste risorse. Ma abbiamo soluzioni: in primis il recupero dei Raee, organizzando i consorzi in modo più efficiente”.
Oggi l’Italia raccoglie solo il 30% dei Raee, ma “per arrivare al 100% serve una nuova organizzazione dei consorzi, più efficace ed efficiente, e nuovi impianti. Bisogna investire nella raccolta e nella filiera del recupero, e affiancare a ciò partnership internazionali per importare materie prime critiche: il Piano Mattei può essere essenziale in questo.”
Iren, “front runner”
Il gruppo Iren – ha ricordato il presidente – è “front runner, l’azienda più avanzata del Paese sulle materie prime critiche. Ha iniziato tre anni fa, prima ancora dell’Europa e delle istituzioni, a lavorare su nuova impiantistica dedicata”. Oggi, ha rivendicato Dal Fabbro, “Iren rappresenta in Europa probabilmente il settore industriale più avanzato nel recupero delle materie prime critiche. Si candida – anzi, ha già vinto – il ruolo di leading industry per tutto ciò che riguarda il recupero dei materiali strategici, vitali per il futuro dell’Europa”.


