Rifiuti nei cementifici, perché no

Replica all'intervento di Borghi (Pd) sostenitore del decreto che autorizza la combustione di Css negli impianti. Una lunga serie di studi scientifici mostra inequivocabilmente i rischi. Ma va ridisegnata la filiera nel suo complesso

È quanto mai sintomatico di una grave anomalia trovarsi a discutere di un tema assai complesso e con serie ripercussioni sulla vita dei cittadini solamente per via di scambi di battute telematiche. Una delle ragioni che ci ha spinto ad opporci fortemente alla combustione dei rifiuti-CSS nei cementifici è infatti la mancanza di una seria ed approfondita discussione in Commissione Ambiente in questa e nella scorsa legislatura. Il decreto Clini del 14 febbraio 2013 è stata un’imposizione improvvida al termine della scorsa legislatura. Per cui, per ritrovare la normale dialettica fra maggioranza ed opposizione, sarebbe necessario utilizzare gli strumenti adeguati, cioè l’analisi in commissione degli argomenti, ed i tempi adeguati, evitando di essere troppo spesso schiacciati dall’analisi di decreti (e su questo punto lei essendo in maggioranza può interferire maggiormente rispetto a noi).

 

Aver letto la vostra mozione ci ha ingenerato un profondo scoramento perché speravamo davvero che richiedeste un’analisi puntuale della questione in commissione, magari con qualche audizione per sentire i punti di vista dei tanti soggetti interessati compresi comitati e associazioni. Leggere che il Governo dovrebbe chiedere alle Regioni di regolarsi sul tema della combustione dei rifiuti-CSS nei cementifici, ci rimanda immediatamente al tema delle autorizzazioni degli impianti a biogas e biomasse. Stiamo discutendo in commissione di interferire o meno con le linee guida regionali visti gli esiti opinabili della proliferazione incontrollata di impianti di ogni tipo e in ogni dove, siamo sicuri di non doverci ritrovare a breve a discutere dello stesso metodo per i cementifici? Entrando nel merito tecnico della questione, noto con piacere che non viene più citato nel suo comunicato lo studio (Genon & Brizio, 2008) del Politecnico di Torino, che rivela l’incremento dell’emissione di diossine, furani, metalli pesanti (in particolar modo il mercurio) dei cementifici che utilizzano CSS rispetto a quelli che utilizzano combustibili tradizionali. Ricordo che nella lettera precedente lo abbiamo analizzato dettagliatamente.

 

Nei nostri interventi in aula abbiamo citato (e mi spiace che non si possa lasciare agli atti della Camera una completa bibliografia) studi scientifici selezionati da noi e da associazioni scientifiche fra cui International Doctors for Environment (ISDE). Non mi sembra si possa inserire il parere di Legambiente o i documenti di ARPA locali fra le fonti scientifiche. Abbiamo citato i dati ventennali dell’ente di protezione ambientale americano (E.P.A.) che mostrano come sia stato impossibile ridurre le emissioni di diossine e altri interferenti endocrini per i cementifici che utilizzino i rifiuti, a differenza dei cementifici tradizionali. L’EPA documenta un minimo di 0.2 ng di diossine per Nm3 nei cementifici a CSS, a differenza dei 0.1 ng previsti dalla normativa UE. Abbiamo citato studi della Commissione Europea e di Bellanger in merito alla tossicità del mercurio e alla diffusa sovraesposizione infantile, dati sull’aumento delle diossine in ambienti domestici limitrofi a cementifici-inceneritori (Deziel et al, Science of the Total Environment 2012;433:516–522) e sull’aumentato rischio di linfomi non-Hodgkin (patologia già in precedenza messa in relazione all’inquinamento da diossine) nei residenti entro 3 km da cementifici-inceneritori (Roberts et al, Environ Health Perspect 2013). Questi studi sono molto recenti e non valutati nella breve analisi di Commissione Ambiente del febbraio scorso. Anche andando indietro nel tempo importanti studi (Chen CM. The emission inventory of PCDD/PCDF in Taiwan. Chemosphere 2004;54:1413-20. Hu J, Zheng M, Liu W, Li C, Nie Z, Liu G et al. Characterization of polychlorinated naphthalenes in stack gas emissions from waste incinerators. Environmental science and pollution research international 2012. Chyang CS, Han YL, Wu LW, Wan HP, Lee HT and Chang YH. An investigation on pollutant emissions from co-firing of RDF and coal. Waste Manag. 2010;30:1334-40 e il già citato Genon G and Brizio E. Perspectives and limits for cement kilns as a destination for RDF. Waste Manag. 2008;28:2375-85) mostrano quanto sopra riportato in merito all’incremento emissivo di diossine e altri interferenti endocrini, metalli pesanti, ossidi di azoto. Per gli ossidi di azoto, in particolare, è ben noto il diverso limite emissivo fra inceneritori (200 mg/Nm3) e cementifici (500 in nuovi impianti, 800 negli impianti già esistenti). Questi sono dati normativi, appannaggio pieno del ruolo dell’On. Borghi.

 

Per quanto riguarda la CO2 è ben noto che i cementifici emettono oltre 20 milioni di tonnellate di CO2 in Italia. La sostituzione dei combustibili fossili con i rifiuti potrà costituire un incentivo produttivo, e quindi emissivo, in relazione alla maggiore produttività dei cementifici. Rimandiamo alla nostra lettera precedente per un’analisi più compiuta di questo aspetto. Per gli interferenti endocrini stiamo appunto aspettando il recepimento di chiare direttive europee, finora possiamo e dobbiamo limitare le emissioni. In Italia circa 15 anni fa si è intrapresa la strada della combustione dei rifiuti negli inceneritori mentre altre nazioni hanno spinto per la combustione dei rifiuti nei cementifici. Ad oggi siamo il terzo paese europeo per combustione di rifiuti, con oltre 50 inceneritori. Con la bocciatura della nostra mozione c’è il rischio che si accendano altri 59 camini nei cementifici… vincendo abbondantemente i campionati europei della combustione di rifiuti. Eppure la gerarchia europea dei rifiuti, condivisa dall’Italia, mette al primo posto il recupero di materia e non certo la combustione. Alla faccia della strategia rifiuti zero… Inoltre, come avviene nel caso di Taranto, i cementifici possono essere inseriti in aree già pesantemente compromesse sul versante ambientale, e in molti casi i cementifici sono inseriti in contesti urbani. Ne è testimonianza l’intervento di dichiarazione di voto in dissenso dal gruppo dell’On. Carella Renzo del Pd (lo stesso gruppo dell’On. Borghi), che ha fatto riferimento alla realtà di Colleferro (RM).

 

Speriamo che gli imprenditori che hanno telefonato ai parlamentari (vedi intervento dell’On. Zan di Sel) abbiano assistito alla discussione; la riqualificazione energetica degli edifici, voluta da tutto l’arco parlamentare, deve essere la via sostenibile di fare impresa nel settore edile e non una nuova stagione di cementificazione selvaggia…. La filiera dei rifiuti in Italia, fra urbani e speciali, costa oltre 30 miliardi di euro, senza contare gli illeciti connessi e i danni sanitari. É necessario spingere sul recupero della materia a fini economici e ambientali; la filiera virtuosa dei rifiuti li trasforma in risorse e offre opportunità occupazionali 5 volte superiori all’attuale sistema. Per ottimizzare la filiera dei rifiuti sono necessarie norme chiare e precise e un coinvolgimento di cittadini e imprese. Questi fattori faranno accettare anche sistemi inizialmente indaginosi come la raccolta differenziata porta a porta e i sistemi di tracciabilità, nell’ottica di città più pulite, meno inquinate e di una riduzione della spesa per le persone e gli enti, e di un’occupazione 5 volte superiore a quella garantita dai sistemi in uso. Il riferimento dell’atto, auspichiamo che la discussione sul tema della gestione dei rifiuti prosegua anche in Commissione Ambiente.

 

* Ing. Mirko Busto Ph.D., capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Ambiente Camera: **Dott. Alberto Zolezzi, Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio, Commissione Ambiente Camera

print_icon