Senza coalizione serve un Pd inclusivo

La logica degli schieramenti tradizionali è archiviata. Questo significa ricostruire quella "vocazione maggioritaria" di veltroniana memoria. Dar vita a un partito che stabilmente sia espressione di un profilo e di una cultura di centrosinistra

Con le ormai imminenti elezioni amministrative, si può tranquillamente dire che si chiude – forse definitivamente ed irreversibilmente - una fase politica del nostro paese. Quella, per intenderci, che si può definire bipolare dove c’era un centrosinistra che si contrapponeva al centrodestra. Certo, è dalle elezioni politiche del 2013 che sappiamo che in Italia è saltato il bipolarismo. Ma con queste elezioni amministrative salta anche un altro tassello. E, come dicevo poc’anzi, il tradizionale centrodestra contro il tradizionale centrosinistra. La rottura a sinistra da un lato e l’implosione della destra dall’altro sono destinati a segnare in profondità l’evoluzione prossima della politica italiana. Anche se proseguono i tentativi, peraltro vani e senza alcuna convinzione, degli opposti schieramenti di rinserrare le fila e di ritrovare quell’unità a cui nessuno crede ormai più.
 
Ora, vista anche la riforma elettorale per la scelta dei prossimi deputati - cioè l’Italicum – che prevede il premio alla lista e che, di fatto, azzera alla radice la stessa “cultura della coalizione”, la logica degli schieramenti tradizionali è archiviata. E questo vale per tutti gli schieramenti. Se nel Pd questo significa ricostruire quella “vocazione maggioritaria” di veltroniana memoria, per il centrodestra la svolta lepenista di Salvini e della Meloni chiude definitivamente la costruzione berlusconiana di quel centrodestra, anomalo e singolare, contrapposto alla sinistra.
 
Dunque, tutto ciò da che cosa sarà sostituito? Per ovvie ragioni mi soffermo solo sul campo dell’ex centrosinistra. Alla luce di questa profonda ristrutturazione del sistema politico e del cambiamento palese della stessa geografia politica, è evidente che questo deve rafforzare il profilo politico e culturale del Pd come partito di centrosinistra, riformista e con una spiccata cultura di governo. Certo, la segreteria di Renzi ha mutato, com’è ormai evidente a tutti, la natura del Pd. Oltre a renderlo più aderente al nuovo e meno legato alle liturgie del passato, ha anche modificato le fondamenta ideali che hanno dato vita, nel lontano 2007, a questo soggetto politico. Che molti sostengono ancora oggi che si è trattato di una “fusione a freddo”, mente altri propendono per la tesi che con il decollo di questo partito si è archiviata definitivamente la stagione che ha visto contrapposte le vecchie culture politiche durante tutto il Novecento. Non a caso si parla anche di un “partito liquido” sempre meno caratterizzato sotto il profilo culturale e sempre più legato all’agenda di governo.
 
Ma proprio la scomparsa della tradizionale coalizione di centrosinistra, impone al Pd la riscoperta radicale delle radici culturali di un partito di centrosinistra. E, sotto questo versante, al di là del pur finto superamento delle correnti identitarie o della stessa articolazione pluralistica del partito, è sempre più prioritario conservare e valorizzare le varie anime che convergono e si riconoscono nel progetto politico complessivo del Pd. Ecco perché il compito prioritario, anche e soprattutto dopo la nascita di un polo politico alla sinistra del Pd, della dirigenza del Pd è oggi quello di saper costruire un “progetto politico” del partito che sia capace di trattenere - e di far convergere – le sensibilità diverse che attualmente compongono il mosaico del Pd.
 
Quindi nessuna “resa dei conti”, nessuna vendetta da consumare e, soprattutto, nessuna delegittimazione politica e personale nei confronti di chi dissente e non sempre condivide le proposte del gruppo dirigente. Come, del resto, nessun pregiudizio ci deve essere da parte della minoranza del Pd nei confronti di chi ha vinto legittimamente e platealmente le scorse primarie. Perché solo attraverso la capacità e l’intelligenza di dar vita ad un partito che stabilmente sia espressione di un profilo e di una cultura di centrosinistra, sarà possibile superare senza danni la nuova dinamica che ha trasformato la politica italiana. E, sotto questo versante, il dibattito congressuale che ormai si è aperto nel Pd assume una importanza decisiva ai fini del futuro e della stessa credibilità del nuovo centrosinistra senza ormai più la coalizione che per molti anni abbiamo avuto.

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