Ciò che manca è la politica

Sul referendum costituzionale assistiamo a un'esibizione indegna di propaganda, disinformazione, demagogia, ipocrisia e interessi che nulla hanno a che vedere con la riforma

Gli esponenti della minoranza del Pd Roberto Speranza e Pierluigi Bersani hanno annunciato il loro No al Referendum perché non si sono fatti passi avanti nella modifica dell’Italicum, condizione secondo loro imprescindibile per votare Sì. L’annuncio arriva ovviamente a poche ore da una direzione del Pd che dovrebbe occuparsi proprio delle modifiche alla legge elettorale. Pochi giorni fa anche Eugenio Scalfari ha annunciato una posizione simile dichiarando: “Coloro che non vedono (o fanno finta di non vedere) la connessione che esiste tra un Parlamento monocamerale e l’attuale legge elettorale sono in malafede o capiscono ben poco di politica”. Ecco, io vedo la connessione ma sinceramente capisco poco come si possa motivare il proprio No alla riforma costituzionale con la mancata modifica della legge elettorale.

Cari Bersani e Speranza, credete seriamente che l’Italicum crei un rischio per la nostra democrazia o che sia una brutta legge? Cambiatela! Siete voi in Parlamento ed è vostro compito trovare punti di contatto con le altre forze politiche per fare le leggi, compresa la maggioranza del vostro partito. Potete modificarla adesso, dopo il 4 dicembre, quando volete, è un procedimento legislativo ordinario e non richiede maggioranze impossibili. Trattate, fate il vostro lavoro e non osate motivare una posizione politica scopertamente anti-renziana, che prepara l’ennesimo regolamento di conti interno al partito, con i fallimenti di questo Parlamento, che solo in parte possono essere attribuiti all’arroganza del premier e della sua maggioranza. La Costituzione attribuisce a voi il potere legislativo, usatelo. Non serve un editoriale di Scalfari per capire che l’assetto delle istituzioni e le regole che disciplinano il voto hanno una connessione molto forte, ma mi verrebbe da dire che poche cose in democrazia possono essere affrontate separatamente senza mantenere ben salda una visione globale.

Un meccanismo fragile come quello democratico necessita per sua natura di enormi attenzioni quando si interviene per modificarlo. Ancor più dell’attenzione, è necessario che l’iniziativa riformatrice sia sostenuta da un progetto, da un disegno complessivo sulla direzione che si vuole imprimere al Paese ed è questo ciò che manca alla foga riformatrice di Renzi. L’ordine illogico con il quale sono state fatte queste riforme dimostra chiaramente come a spingere l’iniziativa del premier e dei suoi non sia tanto un progetto, quanto piuttosto l’urgenza accumulata in tutti questi anni di fallimenti e di tentativi di riforma abortiti. La logica avrebbe preteso prima la riforma costituzionale, poi quella dei partiti (che tutti si guardano bene dal ricordare) e infine la legge elettorale. Invece si è scelto un ordine inverso, inutilmente complicato, che ha ovviamente generato ulteriori tensioni e ha contribuito ad abbassare notevolmente la qualità delle riforme.

È giusto dire che potevano essere migliori di così, scritte meglio e più chiare, ma è davvero da ingenui credere che questo Parlamento e la classe dirigente di oggi siano davvero in grado di fare meglio di così. Tranne qualche fortunata eccezione di pochi volenterosi elementi che ancora tentano di riportare la discussione in questo Paese al giusto livello di complessità, la situazione dei nostri partiti è davvero desolante. Se è vero infatti che Renzi non sembra avere un progetto “di sistema”, questo vale anche per tutti gli altri. La destra di Salvini e Meloni vive alla giornata sulla cronaca nera e immigrazione, Forza Italia (che non è mai stato un vero partito) è rinata dalle ceneri del Pdl per accompagnare la lenta agonia politica di Berlusconi, i 5 Stelle per loro stessa natura rifiutano il compromesso (e dunque la politica stessa) e il Pd è sempre prigioniero dei propri contrasti interni che si trasformano sempre in battaglie pubbliche (come gli annunci di Bersani e Speranza) e spesso parlamentari.

La Costituzione non è altro se non la sintesi delle idee e del pensiero di tutti i partiti che l’hanno scritta, mediando tra le varie posizioni. Quale sintesi è possibile oggi con questi partiti senza più iscritti, idee e ideologie? È vero si poteva fare tutto meglio, con politici diversi, partiti diversi, intellettuali, giornalisti ed elettori diversi dai nostri. Siamo tutti responsabili. Non c’erano molte speranze che questa consultazione referendaria potesse alla fine rivelarsi migliore di quelle che l’hanno preceduta e infatti, ancora una volta, nonostante l’importanza della materia in discussione, assistiamo ad un’esibizione indegna di propaganda, disinformazione, demagogia, ipocrisia e interessi che nulla hanno a che vedere con la riforma. Lo spazio della politica è sempre più ridotto su entrambi i fronti, trasformati in becere tifoserie che ripetono a pappagallo bugie clamorose o slogan deboli e spesso privi di sostanza che nessuno si preoccupa mai di dimostrare. Comunque vada a finire forse qualcuno festeggerà la sera del 4 dicembre, ma la verità è che avremo perso tutti.

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