Elezioni, ultimo azzardo del PdR

Un vero e proprio azzardo: non so definire diversamente questa corsa verso le elezioni a settembre, massimo nel mese di ottobre. 

Renzi, Berlusconi, Grillo e Salvini si giocano tutto, peccato che lo facciano mettendo a repentaglio la tenuta del Paese che rischia il precipizio della ingovernabilità o il  ritorno alla stagione delle maggioranze “contro”. Per alcuni  il nemico principale sarà il populismo che si vuole trasformare nel denominatore comune sulla base del quale giustificare una eventuale maggioranza con Berlusconi  non capendo che tutto ciò  finirà invece per favorirlo. Per altri i nemici saranno l’Europa, l’euro, l’immigrazione o quei partiti di destra,  di centro o di sinistra, che in questi anni si sono alternati alla guida del Paese. Nessuno dirà con quali alleanze e con quali programmi e in ogni caso la legge elettorale a cui si sta lavorando consentirà “giravolte” e  “accordi diversi” da quelli con cui ci si è  presentati agli elettori. 

Renzi gioca la carta delle elezioni a settembre per più  ragioni: perché spera di rifarsi delle sconfitte subite alle amministrative e al referendum, perché da quel 4 dicembre non pensa ad altro che alla possibilità di tornare a Palazzo Chigi, perché ha tutto l’interesse a rinviare all’indomani delle elezioni l’approvazione della Legge di Stabilità, perché pensa che agitando lo “spauracchio” del populismo potrà risalire la china nei consensi elettorali. 

Berlusconi, come Renzi, ha bisogno di poter votare con una legge elettorale che non lo vincoli ad alcuna alleanza politico-programmatica per avere dopo il voto le mani libere per fare un governo con il Pdr. Le idee Uliviste sulla necessità di dar vita a maggioranze omogenee sono ormai un triste ricordo del Pd del passato, l’aria che tira adesso è un’altra. Per cui si è passati da una legge iper-maggioritaria e incostituzionale come l'Italicum, bocciata dalla Consulta, ad una proposta di riforma della legge elettorale iper-proporzionalista.

Non molto diverso è il ragionamento di Grillo e di Salvini. Il M5S non avrebbe tratto alcun vantaggio da un legge elettorale che introducesse un premio di maggioranza e favorisse le formazione di coalizioni di governo omogenee. E la stessa cosa può essere detta per Salvini e la Meloni interessati a rappresentare in Italia le posizioni sovraniste, razziste e antieuropeiste della Le Pen. 

Per questo l’accordo di massima su una legge elettorale con un impianto proporzionalità e senza premio di maggioranza mette d'accordo tutti i maggiori partiti; perché è quella che li garantisce di più.

Ma è quella che espone maggiormente il Paese al rischio di ingovernabilità; un lusso che con un debito pubblico alto come il nostro l'Italia non può permettersi. Eppure questa è la piega che sta prendendo la situazione.

La necessità di mettere in sicurezza i conti pubblici per evitare che l'Italia venga presa di mira da chi è  prontissimo a speculare sul nostro debito pubblico scivola in secondo piano.  I calcoli di questo o quel partito, di questo o quel leader, ciascuno dei quali è  convinto di essere più furbo degli altri, ( Renzi di Berlusconi, Berlusconi di Salvini e Grillo di tutti gli altri) vengono prima degli interessi generali del Paese.

Tutti fanno finta di non vedere che lo scenario più probabile all'indomani delle elezioni sarà quello di un Paese ingovernabile.

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