Fusioni comunali, serve una nuova legge

Gentile Direttore,
Lu e Cuccaro Monferrato (AL) è ufficialmente nato il 1 febbraio 2019, esito della fusione di due comuni alessandrini e di un iter legislativo particolarmente complesso. La legge regionale in materia di fusioni fonda la procedura su un dialogo tra i consigli comunali e il consiglio regionale, strutturando l'iter in tre momenti: l'avvio dell'iter, demandato principalmente ad azioni dal basso promosse dai consigli comunali; lo svolgimento di un referendum consultivo, indetto dal consiglio regionale; quindi la proclamazione della legge di fusione. L'esito del referendum è consultivo e non vincola la decisione del legislatore regionale. Questo elemento appare centrale nei fatti che si legano alla nascita del nuovo comune. La legge prevede lo svolgimento in ogni comune coinvolto, ma non dà criteri legati all'interpretazione del risultato del voto lasciando questa alla consuetudine. In particolare, prevede lo spoglio non centralizzato delle schede (pratica oggi comune per esempio per le elezioni provinciali nel caso di creazioni di seggi decentrati sul territorio): dato che inevitabilmente porta alla definizione di un risultato comunale e ad un risultato complessivo dato dalla sommatoria degli esiti delle votazioni.

Come è stato nel caso di Lu e Cuccaro M.to, per tanto, si può avere il prevalere di un risultato in un comune (per esempio il No alla fusione) diverso dall'esito complessivo della votazione (complessivamente favorevole). Laddove la norma regionale non prevede una chiara linea interpretativa, il consiglio regionale è libero di interpretare l'esito liberamente, favorendo il risultato complessivo del referendum ovvero quello delle sue parti. Inoltre, essendo consultivo e non vincolante, il consiglio regionale può procedere anche a dispetto del referendum, in particolare riferendosi ad un'interlocuzione diretta con i consigli comunali e la richiesta a questi di ulteriori atti comprovanti la volontà di procedere o arrestare l'iter. La struttura complessiva di questa norma rimanda non solo ai principi costituzionali di rappresentanza, ma ai sottostanti valori di prestigio socio-culturale con cui dovrebbero essere viste le istituzioni e le scelte dei suoi rappresentanti.

La struttura normativa, però, mal si sposa con lo spirito del tempo contemporaneo segnato da risorgenti qualunquismi e ugualitarismi oclocratici. In particolare, mal si sposa da un lato con la difficoltà oggettiva del consiglio regionale di riuscire puntualmente ad interpretare dinamiche micro-politiche locali di areali spesso distanti dal centro regionale; mal si sposa pure con le dinamiche locali, che nei paesi più piccoli si legano a rivalità e contrapposizioni legate a vicende famigliari e di prossimità. In tal senso, una fusione comunale in Piemonte, oggi, appare un iter complesso, facilmente risultabile in accese discussioni, contrapposizioni, folklorismi vari ed assortiti, che poco hanno a che vedere con lo sviluppo di un assetto isti tuzionale e tanto meno al progresso sociale delle comunità. I recenti articoli, confermano di fatto delle difficoltà e della misura in cui queste possono esprimersi anche in spazi diversi da quelli istituzionali più canonici. D'altra parte offuscano il vero dato politico-amministrativo che guida un processo di fusione, ovvero la frammentarietà amministrativo ed il conseguente nanismo delle istituzioni comunali esistenti, in particolare nella realtà piemontese.

Se si guarda per esempio alla provincia alessandrina, il dato di 187 comuni per approssimativamente 430.000 persone ci riporta ad una realtà comunale ogni 2.300 abitanti ben al di sotto di altre realtà italiane: 11.500 abitanti/comune la provincia di Pisa, 5.500 quella di Macerata, 6.500 quella di Matera, ad esempio. In particolare, il dato ci indica come i comuni del territorio, anche i maggiori, escludendo le città principali, siano istituzioni con pochissimo personale, impossibilitati a sviluppare servizi che esulino dall'obbligo di legge ovvero dall'ingegno e volontà degli amministratori eletti. In tale frangente, anche la Regione Piemonte, con l'Istituto di Ricerche Economiche e Sociali per il Piemonte si sono posti il problema ancora di recente di indicare linee guida per efficientare gli enti comunali, definendo areali ottimali, in cui già al presente i comuni condividono servizi complessi ed infrastrutture. Laddove, quindi, il dibattito politico e legislativo stia enunci ando, lentamente, la necessità di affrontare una riforma degli enti locali comunali nell'ottica dell'integrazione, si deve fare i conti con la difficoltà di comunicare questa necessità ad una popolazione sempre più anziana, in particolare nel territorio rurale, e nella quotidianità lontana dalla vita degli enti e dei meccanismi amministrativi.

La storia di Lu e Cuccaro M.to e della nascita del nuovo comune spiega bene le tensioni in atto ed i rischi di un processo di ammodernamento. Un iter durato circa un anno, che ha visto due consigli comunali approvare un progetto di fusione mirato a rafforzare istituzionalmente un territorio dando soluzione alla sempre più evidente insostenibilità della macchina amministrativa del comune più piccolo partner della fusione, è diventato l'oggetto di un vibrante dibattito con argomentazioni contrarie alla fusione tutte verticalizzate su temi dell'identità e della continuità storica del passato che ha visto esprimersi anche attraverso forme eccentriche e di protesta. Soprattutto è diventato un calvario di due mesi nella sua ultima parte, durante l'iter di promulgazione della legge di istituzione del nuovo comune, che ha visto il Consiglio Regionale e la sua Giunta richiedere nuovi atti ai comuni quale ulteriore conferma ad un iter di fronte alle proteste delle minoranze comunali.

Se un Consiglio Regionale ha bisogno di essere supportato dai comuni per concludere un iter richiedendo a questi di far oltre a ciò che il dettame di legge presuppone, è evidente che lo strumento regionale su cui si basano le fusioni è insufficiente e non più adeguato. Da qui la necessità di una nuova norma, laddove si ritengano le fusioni azioni determinanti per dare un futuro alle comunità della Regione: una nuova norma che meglio chiarisca il valore del progetto di fusione approvato dai consigli; una nuova norma che chiarisca l'effettivo ruolo dei Consigli comunali nell'intero iter della fusione; una nuova norma che definisca chiaramente i criteri di interpretazione del Referendum ed il suo valore all'interno dell'iter. Che sia una nuova legge od semplicemente una revisione dell'attuale, poco importa: l'importante è la sua formulazione ed implementazione a tempi brevi. L'alternativa è condannare altre realtà ad inutili incertezze e più in generale una Regione ad un immobilismo soffocante.

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