Primarie, un successo di popolo

Ieri è stata una grande festa partecipativa nazionale:le primarie del Partito Democratico. È passato esattamente un anno da quel disastroso 4 marzo, dal 18,7 per cento che ha condannato il Pd all'opposizione.

Il 3 marzo 2019 consegna due elementi fondamentali per il nuovo Pd. Il primo è la partecipazione massiccia, quanto inattesa, alle elezioni per la scelta del nuovo segretario. Un milione e 700mila votanti è una cifra che nessuno aveva preventivato alla vigilia, tanto che, nel corso della giornata, in molti seggi sono state necessarie improvvisate ristampe delle schede elettorali, terminate troppo presto. E' un numero che si avvicina a quello che nel 2017 incoronò Matteo Renzi, ben più alto di quel milione che era stato fissato nel quartier generale dem come il limite minimo per non considerare le primarie un disastro.

Il secondo dato, atteso nella sostanza ma forse inaspettato per le dimensioni, è la vittoria di Nicola Zingaretti. Anche in questo caso, basti pensare che a poche settimane dal voto, aleggiava sopra il Nazareno, lo spettro di un segretario dimezzato, incapace di arrivare al 50 per cento dei voti e quindi ostaggio del correntismo sfrenato che ha contraddistinto la storia recente del centrosinistra italiano. Anche questo scenario è stato spazzato via da un 66 per cento che coincide con un livello di legittimazione forte, almeno quanto quello rivendicato per anni da chi lo ha preceduto. Adesso cosa accadrà?

Unità e cambiamento sono le parole d'ordine con l'incombere delle elezioni europee,il cambiamento sarà proprio nell'approccio. Si apre,ora, una nuova fase costituente per un nuovo Pd, che dovrà avere e dare dei segnali chiari per far contare di più le persone. Saranno quattro le parole d'ordine: lavoro, ambiente, conoscenza, diritti. E la grande sfida di rimettere il principale partito della sinistra italiana in sintonia con un popolo che un anno fa gli ha voltato le spalle. Non sarà facile.

print_icon