Il triplo salto carpiato di Renzi

La politica è sangue e merda, si sa, e quindi è nato il governo giallorosso. Nascondendo la mano dietro i gruppi parlamentari ma tirando il sasso, Renzi ha gettato le basi per riprendersi, tra non molto, il partito democratico: questo è il disegno. Ha gabbato una persona inadeguata allo scopo, come Zingaretti, costringendolo dapprima all’accordo di governo coi cinque stelle, quindi a digerire l’indigeribile ovvero il Conte bis, colui cioè che per quattordici mesi – come Di Maio e co. del resto – ha posto firme ed avalli su ogni iniziativa di Salvini, salvo pretendere di veder riconquistate la propria verginità e coerenza col solo discorso alle Camere di due settimane or sono.

È facile liquidare l’accaduto, ovvero l’intervenuto sovvertimento di campo, riconducendolo alla sola tracotanza di Salvini come un po' ovunque si legge: il Capitano si è montato la testa e quindi pianga sé stesso; ma per quanto non del tutto infondata, tale spiegazione non esaurisce affatto i termini di quanto avvenuto ed ancor meno i reali effetti futuri. Inebetito finché si vuole dai mojito o ancor più dai sondaggi, Salvini non è certo impazzito: circa una settimana prima di aprire la crisi infatti, aveva raggiunto Zingaretti per annusare il clima al Nazareno, ricavandone il preciso convincimento (in quel momento corretto ed autentico) che mai sarebbe intervenuto alcun accordo tra il Pd e i pentastellati; del resto ancora in quelle ore sia Zingaretti che Renzi in ogni sede utile perfino si indignavano ove appena affacciata una simile eventualità, anche dopo il voto al parlamento europeo a favore di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione. Su tali basi quindi il segretario della Lega ha tentato la spallata al solo fine – non c'è dubbio – di capitalizzare anche al parlamento italiano il rilevantissimo consenso raggiunto, ma di tutto si è trattato fuorché di una operazione maldestra o sconsiderata; e neppure ingenua: se non fosse intervenuto infatti l’accordo giallorosso, avrebbe avuto ragione del suo comportamento.

Non ho mai avuto né ho alcuna sintonia con Salvini e il suo partito, ma questi sono i fatti. Il triplo salto carpiato con avvitamento è farina del sacco di Renzi che, tenendosi quanto più possibile lontano dalla ribalta ma attraverso la maggioranza dei gruppi parlamentari del Pd nominati ancora dalla sua segreteria, con questo accordo in vitro punta a bruciare in un colpo solo sia Zingaretti che i cinque stelle: buttati nello stesso pollaio a dispetto dei santi in attesa di veder scorrere il sangue. Questa mossa inoltre fa definitivamente piazza pulita dello starnazzo che ha tenuto banco nell'ultimo anno circa l’uscita del senatore coi popcorn dal Pd, mettendo a nudo al contrario le sue reali intenzioni.

Così senza volerlo, la Lega si è tolta di dosso il peso di una finanziaria, da qui a poche settimane, impestata sino ai capelli; a tal fine Dem e grillini potranno senz’altro contare su nuova indulgenza da parte della Commissione europea grata d’averle tolto dai piedi il Capitano e tutti i suoi, ma tra coperture d'esercizio inderogabili e clausole di salvaguardia siamo quasi a 40 miliardi (2,3% del Pil) prima d’aver destinato un solo centesimo a qualunque misura appena popolare. Secondo copione quindi sentiremo molto presto da parte del nuovo governo invocazioni alla responsabilità nazionale, fondamento – neanche a dirlo – del sacrificio che i partiti della maggioranza hanno accettato di porre sulle proprie spalle pur di non veder precipitato il Paese al voto: da quel momento in avanti la Lega ricomincerà a crescere nei sondaggi.

Nel frattempo Renzi, già mentalizzato alle prossime elezioni che certamente immagina tra lui e Salvini, avrà fatto fuori due piccioni con una fava: Zingaretti e Cinquestelle, nelle intenzioni del nostro modificata ancora una volta pro domo sua la legge elettorale, lasciato il lavoro sporco agli utili idioti che la sorte non gli lesina, insomma definitivamente svuotata e distrutta la sinistra italiana, confermandosi – tale lo reputo sin dalla prima Leopolda – quanto di peggio per il campo progressista. Onore infine a Carlo Calenda la cui coerenza è giusto qui tributargli.

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