Dalla pagella una lezione per Torino

Il mese di ottobre è il mese della pagella che il  Centro Studi Rota assegna all’economia e alla società torinese e piemontese. Solitamente le pagelle servono agli allievi rimandati o bocciati per studiare di più e per recuperare gli anni perduti. Torino, invece, malgrado i sindaci fossero sempre presenti alla presentazione dello studio, non ha saputo fare lezione delle analisi del sangue fatte dai ricercatori del Rota. Ma o le analisi erano troppo rosee o gli amministratori di Torino han fatto orecchie da mercante.

Torino continua a declinare e l’anno che si prospetta  sarà molto difficile. Ma come disse nel 2012 l’arcivescovo Nosiglia, la metà della città che sta bene non si accorge della metà che sta male.

Dal 2001 al 2019 il Pil torinese e piemontese è andato indietro di due punti mentre il Pil italiano è cresciuto di due punti. Ma gli esperti interpellati dalla stampa quotidiana cittadina, per un incomprensibile timore reverenziale verso le amministrazioni di sinistra, non hanno voluto vedere il declino e così facendo non hanno messo in campo le cose per rilanciare economia e lavoro. Eppure la situazione era già visibile alla fine del 2007 quando l’Istat diede il dato della crescita del pil del 2006. Nell’anno delle Olimpiadi il Pil piemontese crebbe 1,6 rispetto all’1,9 dell’Italia mentre Emilia, Lombardia e Venero crescevano di più.

Senza capire che i medici troppo compiacenti non sono capaci a curare gli ammalati,  le analisi dell’Ires e del Centro Rota condotte da esperti e statistici dicono sì cose interessanti, analizzano la realtà su aspetti molto importanti, ma non hanno mai avuto il coraggio di mettere il dito nella piaga perché non vogliono esprimere un giudizio complessivo negativo.  

La tesi che abbiamo patito la crisi ma che abbiamo eccellenze su cui puntare, non ha assolutamente pagato tanto che la distanza con Milano e Bologna ha raggiunto dieci punti. Occorreva capire prima ciò che ci ha detto, ad esempio l’analisi di Unicredit secondo la quale le aziende manifatturiere piemontesi che si sono rinnovate e sono pertanto da Champions League sono meno del 5%

Torino e il Piemonte devono ritornare a puntare con forza sulla manifattura perché la manifattura 4.0 spingerebbe anche lo sviluppo del terziario avanzato e della ricerca. Occorre anche rilanciare la logistica che invece grazie alla grave incompetenza delle amministrazioni regionali in questi anni si è trasferita attorno a Milano  e Piacenza. Per fare un esempio  la occupazione nella logistica lombarda cresce di più di quanto non cresca negli altri settori. La Tav oltre alla logistica ci porterà dall’Europa e in particolare dalla Francia il primo Paese al mondo per turismo internazionale, da 1a 2 milioni di turisti esteri in più .

Anche quest’anno, anche se non sono mai  consentiti interventi dalla sala, sarò presente come ogni anno a prendere nota dei dati statistici più importanti e a sentire le opinioni degli esperti commentatori. Ciò che si può già dire è che il titolo del Rapporto di quest’anno è un grande riconoscimento per il lavoro che ho portato avanti con coraggio sulla Tav con altri gruppi della società civile. Dire che il futuro di Torino e del Piemonte è RINVIATO al 2030 significa dire che il futuro Torino e il Piemonte è legato alla Tav e a quando Torino sarà inserita nella rete dei trasporti europea e mondiale del futuro.

*Mino Giachino. Sì Tav Sì Lavoro

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