Un programma per rilanciare Torino

Quelli che vogliono bene a Torino e alla sua economia, fatta di aziende che vanno bene ma anche di piccole aziende che hanno visto ridursi il giro di affari del 30-50%, di tanti lavoratori in mobilità o in cig e da tanta gente che non riesce ad arrivare a fine mese e che ha esaurito ogni risparmio, sono molto preoccupati.

Il polo auto di Torino nel 2006 produceva 218.000 auto, nel 2019 poco più di 20.000. Nel 2006 si tennero le Olimpiadi invernali che rilanciarono l’immagine di Torino e che portarono lavoro. Nel 2019 a Torino hanno chiuso aziende. Nel 2006 il Pil del Piemonte crebbe dell’1,6 mentre quello nazionale crebbe di 1,9. Nessuno se ne accorse salvo chi scrive che lo disse inascoltato. Lì iniziò il declino di Torino.

Chi governava, compresa la “gauche caviar”, se la cantava e se la suonava nei circoli culturali e nei ristoranti delle nuove stelle Michelin. Al popolo neanche le brioche perché molti operai che lavorano oggi alla Mirafiori sono in cassa integrazione da 13 anni, proprio da allora.

L’altro giorno, senza che nessuno lo abbia rimarcato nel modo giusto, è stato detto che nella capitale industriale italiana del 1900 la prima azienda è Intesa Sanpaolo, una banca. A Natale mentre molti milanesi con Rolex e pellicce giravano per Courmayeur, a Torino la Santa Messa dell’Arcivescovo Nosiglia si teneva ai cancelli della Embraco. Lo studio Rota di quest’anno ha rinviato il futuro di Torino al 2030 quando sarà ultimata la Tav ma Torino arriverà in piedi al 2030?

Torino in questa situazione avrebbe bisogno di votare subito per dare alla città un’amministrazione che punti alla crescita e per evitare che l’attuale amministrazione prenda altre decisioni negative per l’economia cittadina. Anche alla Appendino converrebbe dimettersi per sottrarsi a una maggioranza che l’ha costretta a fare scelte sbagliate.

La parola sui nostri quotidiani è ritornata agli uomini di cultura che in questi anni hanno consigliato gli amministratori che non si erano accorti del declino e che non si erano accorti che Torino stava per perdere la Tav. Meno male, ed io ringrazio il Padre Eterno, che alla fine di ottobre del 2018 siamo riusciti a catalizzare con le madamin la disponibilità delle associazioni produttive torinesi nella prima manifestazione Sì Tav della storia. Una manifestazione che ha salvato l’opera più importante del nostro futuro, un’opera che porterà 2 milioni di turisti stranieri in più all’anno a Torino e tante merci. Non solo abbiamo salvato la Tav ma l’Europa entusiasta di tanti Sì Tav ha aumentato notevolmente il proprio contributo e l’opera ci costerà molto di meno. Ora il Governo sta perdendo mesi preziosi per sbloccare i lavori dalla parte italiana.

Ma Torino arriverà in piedi al 2030? Perché Torino si riprenda, facendo crescere economia e lavoro, occorrono nuove proposte, un nuovo e forte programma. Dopo candidati forti, seri e preparati che sulla base di un programma forte si impegnino di fronte a Torino e ai torinesi. A scatola chiusa non si può votare nessuno. La società civile non è tutta uguale. Ogni circolo culturale arricchisce la vita della città ma quelli che parlano di lavoro e delle infrastrutture che servono alle aziende per crescere e creare nuove occasioni di lavoro e che sono disponibili a mettere la faccia di fronte ai No a tutto vengono prima. Torino da sola con Milano perde, ma Torino con Genova e Milano gioca meglio il suo ruolo e Milano viene equilibrata dalla Genova del porto, importantissimo per le produzioni, e dalla Torino della ricerca e della produzione oltreché punto di passaggio verso l’Ovest. Avremo bisogno di una Torino in grande sintonia con la Regione per contare di più a Roma, a Bruxelles e nel Nord Ovest.

*Mino Giachino, Sì Tav Sì Lavoro

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