Rosso condannato prima del processo

Due mesi fa, il 20 dicembre 2019, l’assessore regionale Roberto Rosso veniva arrestato con l’accusa di aver comprato i voti dalla ’ndrangheta. La notizia aveva gettato profondo sconcerto nella vita politica piemontese e sconforto fra i numerosi amici di Rosso. In quei pochi mesi di assessorato, che oltre ai Rapporti con il Consiglio Regionale, riguardavano fra l’altro la Legalità, la delegificazione dei percorsi amministrativi e diritti civili, l’ex parlamentare vercellese si era distinto per un intenso, frenetico, lavoro amministrativo. D’altra parte, la sua nomina all’interno della Giunta di centrodestra era proprio dovuta al fatto di aver ottenuto alle elezioni di maggio ben 4806 preferenze. Un numero tale per cui anche i suoi occasionali amici di Fratelli d’Italia (si era aggregato loro come indipendente) non hanno potuto non tener conto.

Non è nelle intenzioni di nessuno entrare in una vicenda giudiziaria, anche se ha dell’incredibile, ma non si può non rilevarne gli aspetti politici. La reazione dei vertici del governo regionale fu d’immediata condanna! Ma condanna di che? Non una reazione di stupore, comprensibile per altro, ma una repentina inspiegabile accettazione di colpevolezza. Un’accusa non fa una colpa! Nemmeno se c’è l'arresto!

A distanza di due mesi l’ex assessore Roberto Rosso resta in carcere anche se il Giudice dell'Udienza Preliminare (Gup) ha respinto la richiesta di accorpare il suo processo a quello della mafia di Carmagnola (dove Rosso ha preso ben 27 preferenze!). Francamente, al cittadino sfuggono i motivi di una così lunga detenzione e colpisce anche il silenzio della politica che sui tempi lunghi della giustizia non sa dire una parola. In un intervista al giornale online Agenfax, qualche anno fa, quando era ancora in parlamento, l’allora on. Roberto Rosso dichiarava che “per fare politica ci vuole cuore!”. Una frase che riassumeva la sua filosofia di azione caratterizzata da un forte legame con il territorio e i suoi elettori. Una concezione da Prima Repubblica.

Malgrado il voltaspalle dei vertici regionali, sono ancora in molti coloro a esser certi che il politico vercellese saprà dimostrare in sede processuale, con inconfutabile chiarezza, l’infondatezza di ogni accusa. Intanto resta privato della libertà, in carcere. Per lui nemmeno gli arresti domiciliari. Scriveva Cicerone: “La legge più rigida è spesso causa del male più grande”.

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