Diritto alla salute anche in carcere

Per le disposizioni del 24 marzo 2020 firmate dalla presidente, prof.ssa Marta Cartabia, per il tempo dell’emergenza Covid-19 i lavori della Corte Costituzionale dovranno seguire alcune modalità tra le quali “la partecipazione dei giudici alla camere di consiglio può avvenire anche mediante collegamenti da remoto e in luogo da cui essi si collegano è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”. Come si sa, alla Corte Costituzionale è affidato il compito di verificare e accertare che le leggi approvate dal legislatore siano conformi a quella legge suprema che è la Costituzione.

Come ha affermato più volte il suo ex presidente, Giorgio Lattanzi, la Costituzione è uno scudo per chi non ha potere, come il detenuto al quale riconosce una dignità. Non esistono da questo punto di vista delle barriere ideali fra chi è dentro e chi è fuori, ma solo barriere fisiche che sono le istituzioni carcerarie. Stiamo vivendo un’emergenza che non ha precedenti. Da molti anni e da più parti è stata sottolineato il grave problema del sovraffollamento carcerario. È chiaro come in molti centri di detenzione le disposizioni governative per il Covid-19 non potranno essere rispettate proprio per l’alta densità della popolazione carceraria.

Due giorni fa due detenuti del carcere Lorusso e Cotugno di Torino sarebbero stati messi agli arresti domiciliari perché positivi al Covid-19. Il pericolo che i carceri diventino una spaventosa trappola epidemica, sia per i detenuti che per il personale e le guardie penitenziarie, è grave. Ciò è stato denunciato non solo dal sindacato della polizia penitenziaria, ma anche da parlamentari e altre personalità. Il Papa lo ha ricordato nella sua omelia di due giorni fa. Se in simili ambienti l’epidemia dovesse dilagare, sarebbe un disastro. Il diritto alla salute riguarda tutti i cittadini, personale carcerario o detenuti che siano. È proprio l’alta densità delle persone che bisogna evitare in questo momento. Parecchi sono i reclusi che fra pochi mesi avranno finito di scontare il proprio debito con la Giustizia. A loro si aggiungono gli imputati per reati non contro la persona in attesa di processi che avrebbero dovuto essere prossimi e che invece sono stati rimandatati per l’emergenza sanitaria. Trasferire costoro agli arresti domiciliari sarebbe sicuramente una cosa saggia.

Una riduzione della densità carceraria consentirebbe di poter meglio rispettare i decreti del governo contro l’epidemia da Covid-19 garantendo una maggior tutela a tutti coloro che negli istituti di pena ci lavorano e ci vivono. Il diritto alla salute è un principio costituzionale che riguarda tutti, siano essi membri della polizia penitenziaria, del personale o reclusi. Diceva lo scrittore russo F. Dostoevskij che “il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”, soprattutto in questa fase di emergenza sanitaria che siamo attraversando.

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