In Italia è sempre la stessa storia

Leggendo e ascoltando alcune dichiarazioni di rappresentanti politici, giornalisti, ecc., si direbbe che l’Italia potrebbe “risollevarsi” da questa crisi pandemica (in verità il Bel Paese versava in precarie condizioni già da anni, forse dal 1861!) grazie ad un intervento del Presidente della Repubblica che “favorisca” la formazione di un nuovo Governo costituito da persone che abbiano già dato prova del loro effettivo valore in precedenti stagioni governative.

In sostanza il Presidente della Repubblica, preso atto che il Governo attualmente in carica non è più nelle condizioni di governare, dovrebbe dare l’incarico ad una persona, autorevole e capace, di formare un nuovo esecutivo costituito da elementi, qualificati e competenti, per poi affrontare il necessario placet parlamentare, placet senza il quale, ovviamente, nulla si può fare. Come sosteneva il filosofo Gianbattista Vico la Storia si dipana in “corsi e ricorsi storici” a significare che il presente, in qualche modo, si è già presentato nel passato e, probabilmente, si ripresenterà nel futuro.

Ed è proprio con la Storia che il nostro Paese deve fare i conti per poi, dopo aver compreso bene e senza pregiudizi o faziosità il perché siamo arenati in questa palude economica, intraprendere le più opportune strategie di ri-partenza. Ad esempio oggi ci si scandalizza quando un mafioso ottantenne, e magari anche gravemente malato, è posto agli arresti domiciliari invece di rimanere in cella con il concreto pericolo di contagio (dato che, come relazionato dal Ministero della Giustizia in data 29 febbraio 2020, nelle nostre carceri, dove dovrebbero stare 100 persone, lo Stato italiano ne ha confinate 120), ma non ci si scandalizza più di tanto del fatto che gli americani liberatori, nel 1943, sbarcassero in Sicilia senza problemi grazie anche alla collaborazione di personaggi come i mafiosi Luky Luciano e don Calogero Vizzini (dimenticanze volontarie?).

Ricordiamoci che già dal 1924, con il prefetto di Trapani Cesare Mori, la mafia fu contrastata con durissime repressioni, ricorrendo, spesso, a metodi brutali: furono incardinati diecimila processi, con innumerevoli condanne, e molti pericolosi boss furono mandati al confino o costretti a emigrare negli States. Per contro, dopo lo sbarco alleato del 1943, il Boss don Calogero Vizzini (che il prefetto Mori aveva relegato a 6 anni di confino per mafia) fu imposto come sindaco a Villalba dall’Amgot (il governo militare statunitense dei territori occupati) che era alla ricerca di antifascisti da sostituire alle autorità locali fasciste. Le cronache del 1954 raccontano poi che le esequie dell’anziano capomafia, industriale dello zolfo e possidente agrario ricchissimo, avvennero fra decine di sontuose corone di fiori arrivate da tutta l'Isola e con la partecipazione di notabili della politica locale e numerosi boss siciliani.

Il suo Manifesto funebre recitò: “Calogero Vizzini, con l’abilità di un genio, innalzò le sorti del distinto casato, sagace dinamico mai stanco, diede benessere agli operai della terra e delle zolfare, operando sempre il bene, e si fece un nome assai apprezzato in Italia e fuori, grande nelle persecuzioni, assai più grande nelle disdette, rimase sempre sorridente, e oggi, con la pace di Cristo, ricomposto nella maestà della morte, da tutti gli amici dagli stessi avversari, riceve l’attestato più bello, fu un galantuomo”.

 Siamo un Paese che dichiara da “sempre” di voler combattere efficacemente la mafia, l’evasione fiscale… per poi ammettere che nel Paese il fenomeno mafioso è sempre più pericoloso, che l’Italia ha la maggiore evasione fiscale del mondo. Se dopo 70 anni abbiamo ancora gli stessi problemi irrisolti la Storia ci dovrebbe insegnare (con Vico) che non riusciremo neanche con un autorevolissimo “Governo Presidenziale” a migliorare la situazione. Forse è romantico, ma inutile, ad ogni piè sospinto citare la nostra Carta Costituzionale come la più bella del mondo, ricordare con enfasi le numerose vittime della mafia e del terrorismo, e oggi possiamo aggiungere anche quelle del Covid-19.

Come scrisse Cicerone “Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis” (la Storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità).

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