Il rumore delle scuole paritarie

Le scuole paritarie solitamente sono piuttosto silenziose, pochi clamori, niente scioperi, niente manifestazioni di piazza, a parte la memorabile adunata di 300.000 in piazza san Pietro il 10 maggio 2014. Ora le scuole paritarie hanno deciso di fare rumore.

Un rumore educativo, educato e costruttivo, a difesa della propria ragione di continuare ad esistere dopo anni di esperienza. Noi vogliamo fare scuola. Cism ed Usmi (sigle che riuniscono le congregazioni religiose gestori di moltissime scuole) unitamente ad altre realtà associative fra cui Fidae e Fism denunciano il fatto gravissimo che le scuole paritarie non sono state tenute in considerazione nel cosiddetto Decreto Rilancio. Pur confermando “la volontà di non mollare questo settore vitale della vita e del futuro del nostro paese, fucina di umanesimo e di pluralismo culturale” ne denunciano l’estrema difficoltà finanziaria che potrebbe portare inevitabilmente alla chiusura.

Si tratta di scuole paritarie che hanno quindi un ruolo ben definito all’interno del sistema scolastico italiano.

La parità scolastica, sancita la Legge 62/2000 a firma dell’on Berlinguer, a vent’anni di distanza è ancora incompiuta sotto il profilo dei diritti, ma ha funzionato benissimo sotto il profilo dei doveri, che le scuole paritarie serie hanno rispettato. Alla base un condizionamento ideologico e culturale che non considera ancora la paritaria come scuola pubblica, facente parte a tutti gli effetti del sistema pubblico di istruzione.

Si aggiungono anche non pochi pregiudizi: una scuola dove si regalano i voti (in realtà è un progetto educativo adeguato ed attento che riesce a promuovere l’educazione e l’istruzione), una scuola per ricchi (aperta invece a tutti coloro che la scelgono e grazie ai contributi regionali con rette sostenibili per tante famiglie ), le scuole sono ricche (i bilanci delle scuole sono tutti in rosso e si sostengono grazie agli apporti delle congregazioni).

Basilare sarebbe il discorso della libera scelta educativa, ma forse non è il momento di impostare confronti ed interpretazioni su un tema che è accolto in tutti i paesi europei, anche in quelli meno cattolici, ma non ancora in Italia.

In un periodo di emergenza sanitaria e di crisi economica, bisogna fare i conti: con una previsione di entrate dovute alla difficile situazione economica, i bilanci delle scuole paritarie non riusciranno a sostenersi e molte scuole sono a rischio di chiusura. E la chiusura delle paritarie comporterebbe un maggior onere per lo Stato, che deve pure gestire il distanziamento e un futuro anno scolastico incerto sotto il profilo organizzativo.

Le paritarie che hanno spazi ampi interni ed esterni, aule dotate di moderne tecnologie, in regola con le norme sulla sicurezza potrebbero essere costrette a chiudere. Un alunno della paritaria allo Stato costa circa 700 euro l’anno, un alunno della statale costa circa 8 volte tanto. La didattica a distanza è stata svolta con grande serietà: scuole paritarie e scuole statali.

Non vogliamo creare dissidi con la scuola statale, ci sentiamo concorrenti non perché siamo antagonisti, ma perché corriamo insieme per unico obiettivo: la formazione dei giovani, i servizi per la prima infanzia, l’educazione dell’uomo e del cittadino.

Nei prossimi giorni anche l’Istituto S. Caterina metterà in atto iniziative per sostenere una campagna informativa volta a sensibilizzare la comunità scolastica e il territorio e a “rendere le nostre scuole meno invisibili” agli occhi della gente, del parlamento e del governo. Faremo iniziative attraverso la stampa, i social, i nostri mezzi di comunicazione, gli organi collegiali e la comunità scolastica.

Una scuola che chiude è sempre un impoverimento del territorio, della cultura, dell’istruzione. Ci poniamo l’obiettivo di far sapere al governo, alla Commissione Cultura del Senato che sta esaminando gli emendamenti al Decreto Scuola, che devono tener conto di una realtà importante per la funzione educativa e numericamente rilevante (900.000 alunni e 100.00 docenti). Noi ci rivolgiamo a tutti i politici, la scuola non ha colore, è un bene di tutti.

Qualche politico ha detto che faremo sciopero il 19 e 20 maggio. Nessun sciopero, in questo periodo la didattica non può essere sospesa, integreremo le lezioni della didattica a distanza con discussioni e riflessioni sulla libera scelta educativa, sul significato di parità scolastica, sul diritto di apprendere sena discriminazione.

*Luciana Repetto, coordinatrice Istituto S. Caterina Madri Pie di Ovada

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