Una nuova guida per rilanciare Torino

Martedì 24 novembre Banca d’Italia aveva sentenziato che dopo molti anni in cui il Piemonte cresceva meno della media nazionale, nell’anno del Covid iha perso piùdella media nazionale. Ieri nel rapporto Rota si dice che Torino è l’unica metropoli settentrionale con valori attrattivi tipici di quelle del mezzogiorno. Due giudizi che chiudono i primi vent’anni del nuovo secolo di bassissima crescita. Vent’anni in cui sia le amministrazioni che molti big della politica torinese non avevano voluto guardare in faccia una realtà difficile, quella del declino. Solo a maggio del 2019 il prof. Profumo, che ieri ha fatto gli elogi a uno studio che ha certificato il declino di Torino, aveva detto a un giornale che Torino era un modello. Pensate un po’. Ieri, 28 novembre, l’economista Beppe Russo ha spiegato come su 8,5 miliardi di fatturato perso le aziende piemontesi hanno avuto solo 1,6 miliardi di ristoro. Ma questo lo si capiva già ad aprile e se lo si diceva subito forse il nuovo orientamento del Governo emerso in questi giorni sarebbe arrivato prima.

Il punto è questo, chi ha guidato Torino in questi vent’anni dal Comune, dal Politecnico o dalle fondazioni bancarie non ha visto i dati veri di Torino e ha voluto raccontare una situazione rosea. Così anche molti di coloro che fanno opinione sui giornali. Il punto è che mentre chi ha guidato la città da Palazzo Civico o dando opinioni sui giornali non si accorgeva del declino e delle statistiche, molti torinesi hanno visto peggiorare le loro condizioni di vita, molte aziende hanno chiuso, molte aziende sono in difficoltà, molti hanno perso il lavoro, molti che prima avevano un lavoro soddisfacente ora sopravvivono con lavori a tempo determinato e una retribuzione ridotta del 50%.

È alla metà della città che sta male, secondo l’efficace definizione di Mons. Nosiglia, e che in questo anno è cresciuta, che la politica e l’informazione seria debbono rispondere. Nessuno può più girarsi dall’altra parte. Torino è la prima città per disoccupazione giovanile. Con l’ultimo Dpcm che chiude i ristoranti alla sera e nei giorni di Natale e S. Stefano non oso pensare cosa succeda. Quale sarà il ruolo della Fiat a Torino dopo la fusione con la Peugeot? Del doman a Torino, da tempo, non vi è più certezza.

Da questa analisi capite che chi ha governato Torino negli ultimi vent’anni è meglio stia fermo un giro a meditare sugli errori fatti. La rinuncia del prof. Saracco è prima di tutto una risposta negativa al Pa non a Torino. Così stando le cose Il 2021 potrà essere l’anno della svolta solo a patto che non solo si cambi l’amministrazione di Torino ma deve cambiare anche il modo di leggere da parte della città della sua situazione  economica e sociale. Perché solo ieri la professoressa Fornero, che stimo, si è fatta dare i dati della crescita del Pil torinese dall’Ires che dicono che dal 2007 al 2018 ha perso 7 punti e quindi non ha dato alcun contributo all’economia italiana? Perché solo ieri il prof. Profumo ha detto che occorre acquisire la cultura delle verifica delle misure che vengono prese dalle amministrazioni locali dopo che chi scrive da almeno  dieci anni insiste sul fatto che si debbano ogni anno tirare la somma, perché solo la somma dà il totale?

Il 2021 potrà essere l’anno del rilancio se la nuova amministrazione comunale avrà l’energia e la forza di rilanciare la macchina municipale che in questi anni ha perso, causa pensionamenti, molta della qualità che in tanti le riconoscevano. La nuova amministrazione dovrà ottenere subito dal Governo incentivi alla rottamazione, investimenti nella mobilità del futuro, incentivi alla Manifattura 4.0, investimenti o incentivi per il digitale, dovrà accelerare la costruzione della linea 2 della metropolitana, la costruzione della tangenziale est e dovrà dar vita alle alleanze con Lione, con Genova e con Milano.

Per fare questo chi amministrerà Torino dovrà avere una carica, una passione, una energia che convinca gli interlocutori ai vari livelli a decidere di appoggiare il rilancio dell’economia e del lavoro a Torino. Una energia che solo chi vive come sua la sofferenza di chi da anni sta male e di chi ha avuto il coraggio di organizzare la battaglia per la Tav può avere. Torino se vuole ripartire deve partire da quella grande piazza, dalla gente che c’era quel giorno, dalle cose che furono dette dal palco del 10 novembre 2018. Quella gente è la grande speranza per la rinascita di Torino, non le figurine dell’Album Panini.

*Mino Giachino, Sì Tav Sì Lavoro per Torino

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