Per Draghi mission possible

Il nuovo governo Draghi ha iniziato la sua navigazione. Il premier ha indicato con chiarezza le sfide che il suo governo è chiamato ad affrontare. Ha l’autorità, la credibilità internazionale e la competenza per gestire la crisi sanitaria ed economica-sociale del Paese e per fargli rialzare la testa. L’Italia attraversa una crisi gravissima, ma mentre nei decenni passati la necessità di realizzare investimenti si scontrava con la mancanza di risorse, questa volta non sarà  cosi. E non sarà cosi perché l’Unione Europea ci ha messo a disposizione risorse straordinarie che dovranno essere impiegate per realizzare “sei macro-missioni” che dovranno essere accompagnate quelle “riforme di sistema” che in questi decenni nessuno dei governi che si sono alternati alla guida del Paese ha saputo e/o voluto realizzare. Anche per questo alcuni leader politici dovrebbero avere maggiore umiltà e non vengono più presi sul serio quanto pontificano sulle cose che dovrebbero essere fatte, ma che quando sono stati al governo si sono ben guardati dal realizzare. Proprio oggi in una lunga lettera il leader di Italia Viva ragiona come se in questi anni non avesse ricoperto un ruolo di primissimo piano alla guida del Paese e il suo operato non fosse stato bocciato severamente dagli elettori. O come se non fossero stati lui e il suo partito a sostenere la necessità di dar vita al Conte bis in chiave anti-Salvini. Oggi con la sua spericolata operazione lo ha ri-portato  al governo, proprio nel momento in cui era in difficoltà.

Se l’Italia non è sprofondata in una crisi senza via d’uscitaè grazie all’euro (che in questi anni i sovranisti avrebbero voluto abbattere) e alle politiche della Bce guidata da Draghi che continua a finanziare il nostro debito pubblico comperando i nostri titoli di Stato. È merito del governo Conte bis aver consentito all’Italia di tornare credibile in Europa e nel mondo e se oggi la discussione su come far fronte alla crisi può essere fatta disponendo dei soldi per realizzare una politica di investimenti. È invece colpa di Italia Viva averlo fatto cadere con motivazioni pretestuose (il Mes e molte altre) e con l’unico obiettivo di colpire il premier (che un pezzo della politica e di establishment ha sempre considerato un corpo estraneo) e di mettere in crisi l’alleanza Pd/5 Stelle/ Leu. Renzi ha dato fuoco alla casa ma poi  è toccato a Mattarella spegnere l’incendio e a trovare una via di uscita dalla crisi capace di dare un governo al Paese ed evitare uno scioglimento anticipato delle Camere. Il fatto che il Capo dello Stato, dovendo individuare la persona più adatta per affrontare una sfida così difficile, si sia rivolto a Draghi e che quest’ultimo, dovendo individuare il team di persone a cui affidare i Ministeri chiave si sia rivolto a personalità esterne al sistema del partiti, confermano quanto profonda sia la crisi della politica, incapace di rinnovarsi veramente, di elaborare un nuovo pensiero e di proporre una nuova idea dell’Italia. La foto di gruppo del nuovo esecutivo Draghi è la rappresentazione plastica di questa realtà. In altri Paesi non è stato così. In Germania, all’indomani delle elezioni e dopo una trattativa che è durata settimana, Cdu/Csu e Spd hanno fatto un governo insieme, ma hanno scelto la Merkel per guidarlo.

Ecco perché i partiti hanno di fronte un duplice responsabilità: la prima è quella impegnarsi senza doppi fini e furbizie tattiche affinché la navigazione del governo non incontri ostacoli perché l’Italia non avrà una seconda chance. La seconda è di ripensarsi profondamente per tornare ad essere i catalizzatori delle energie migliori e più vive della società e portatori di idee e progetti alternativi, condizioni necessarie per tornare a competere per contendersi la guida del Paese.

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