Le condizioni "non negoziabili" di Draghi

Il discorso di Draghi è stato bello e convincente. Il premier si  è misurato senza fronzoli e senza retorica con le emergenze che il Paese sta vivendo, indicando per ciascuna di esse in che modo il governo intenda farvi fronte. Ha sottolineato come l’impegno per contrastare la pandemia (“il nemico di tutti”) e per avviare le riforme per realizzare una nuova Ricostruzione del Paese rappresentino due facce della stessa medaglia e una pre-condizione per combattere le diseguaglianze (che la pandemia ha accentuato), e assicurare un futuro diverso alle nuove generazioni che sono state il filo rosso che ha legato le varie parti del suo discorso programmatico.

Poi, affinché non vi siano equivoci sulla identità e sulla “missione” del suo governo ha chiarito subito che sostenerlo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, che “non vi è sovranità nella solitudine” e che una riforma del fisco (che dovrà essere organica) dovrà necessariamente fondarsi sul principio di progressività. Ambiente, Sanità, Scuola, valorizzazione e formazione del capitale umano, cambiamento dei “modelli di crescita” sono i temi che il premier ha posto al centro del suo progetto e della sua visione sul futuro del Paese. In sede di replica ha detto parole inequivocabili sull’immigrazione.

Ma il discorso di Draghi ha fatto anche chiarezza sul carattere del suo governo che “riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti, dei propri elettori come degli elettori di altri schieramenti, anche dell’opposizione, dei cittadini italiani tutti”. Non credo che vi potesse essere una definizione migliore. La destra si è divisa sul sostegno Draghi, le forze che avevano sostenuto “lealmente” il governo Conte no. Nel suo discorso ha chiarito a tutti, ma in particolare a Salvini, che se si sta al governo è per sostenerlo e non per recitare le due parti in commedia, com’era avvenuto con il primo governo Conte.  In ogni caso il premier ha indicato le condizioni “non negoziabili”. E bene hanno fatto Pd, 5 Stelle e Leu a dar vita al Senato ad un intergruppo. In primis ne avrà un beneficio il governo ma da questa esperienza potrà uscire rafforzata la loro alleanza che, superata l’emergenza, potrà contendere alla destra il governo del Paese.

print_icon