Il problema è la qualità della spesa

Mario Draghi, nel discorso al Senato per la fiducia al governo, ha citato i dati (studio della Banca d’Italia) relativi alla disuguaglianza, misurati utilizzando l’indice Gini (Corrado Gini Motta di Livenza, 23 maggio 1884, Roma, 13 marzo 1965 - è stato uno statistico, economista e sociologo italiano). L’indice di Gini è l’indicatore, riconosciuto internazionalmente, per misurare la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza: il suo valore, in percentuale, varia fra 0 (massimo della equi-distribuzione) e 100 (massimo della concentrazione: un individuo controlla tutta la ricchezza nazionale).

In Italia si è registrato un aumento dell’indice Gini dal 34,8% del 2019 al 36,5% nel primo trimestre 2020 e al 41,1% nel secondo trimestre 2020. In pratica la pandemia Covid-19 ha evidenziato un aumento della, già preoccupante, diseguaglianza sociale che l’Italia ha maturato in questi ultimi vent’anni. Dalle analisi condotte da Eurostat emerge che nel 2018 l’Italia, con indice Gini 33,4%, era al quarto posto in Europa (su 27 paesi) per disuguaglianza, seguita solo da Regno Unito, Romania e Bulgaria. L’Italia non è mai stata tra i Paesi con minore disuguaglianza tra i diversi individui, ma invece che al quarto posto potevamo essere, per esempio, al decimo posto, come nel 2008, o al ventinovesimo, come nel 2001.

Non passa giorno senza che i mezzi di informazione, dando la parola alla politica, sostengano che la madre di tutti i problemi del nostro Paese, soprattutto quelli legati alla diseguaglianza sociale, sia l’evasione fiscale, creando un nesso causa-effetto tra diseguaglianza sociale ed evasione fiscale. Esaminando i numeri, che derivano dall’analisi delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche (Irpef) presentate nel 2019 (relative ai redditi 2018) e pubblicate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, risulta che gli italiani hanno dichiarato complessivamente redditi per circa 880 miliardi di euro (+42 miliardi rispetto all’anno precedente) con una media pro-capite di euro 21.600 (Istat). Il totale dei dichiaranti è di circa 41 milioni su di una popolazione complessiva di circa 62 milioni di cui 21 milioni sono: circa 8 milioni da 0 a 14 anni, mediamente senza reddito, e circa 13 milioni oltre 65 anni, mediamente pensionati.

La distribuzione numerica è così schematizzata: 748.000 individui ha dichiarato redditi di 0 euro, 2.361.000 redditi tra 0 e 1000 euro, 8.795.000 redditi da 1001 a 10.000 euro, 5.554.000 redditi da 10.001 a 15.000 euro, 20.885.000 redditi da 15.001 a 50.000 euro, 1.822.000 redditi da 50.001 a 100.000 euro, 460.000 redditi da 100.001 a 300.000 euro, 40.000 redditi oltre 300.000 euro. Il 43% degli italiani, che contribuisce al pagamento del 4percento dell’Irpef totale, si colloca nella classe fino a 15mila euro di reddito, il 51%, che versa il 56% dell'Irpef totale, si colloca in quella tra i 15mila e i 50mila euro di reddito, mentre circa il 6% dei contribuenti, versando il 40% dell’Irpef totale, dichiara più di 50mila euro di reddito.

L’ultima relazione (2018), compilata dal Ministero della Economia e delle Finanze (Mef) sull’evasione fiscale, stima che l’evasione di imposte e contributi vale circa 100 miliardi di euro l’anno. Da un punto di vista di puro valore, l’imposta più evasa è l’Iva che, nel 2011-2016, registrava un ammanco annuale di 36,6 miliardi. Seguono Irpef relativo al lavoro autonomo o d’impresa (32,9 miliardi), Entrate contributive a carico del datore di lavoro (8,3 miliardi), Ires (8,2 miliardi), Irap (7,6 miliardi), Imu (5,0 miliardi), Irpef lavoro dipendente ma irregolare (4,5 miliardi), e entrate contributive a carico del lavoratore dipendente (2,5 miliardi).

L’evasione fiscale è un problema che esiste in tutto il mondo e, probabilmente, in Italia è più estesa che in altri paesi europei, ma questo non è sufficiente per giustificare di essere al vertice delle nazioni europee con più alta diseguaglianza sociale. Il vero problema dell’Italia è la nostra incapacità organizzativa, come palesemente dimostrato dalla gestione della somministrazione di massa del vaccino anti-Covid. Siamo sicuri, oltre ogni ragionevole dubbio, che se, per “magia”, apparissero nelle casse dello Stato i 100 miliardi di euro evasi, sia per necessità che per dolo, il nostro Paese sarebbe in grado di confrontarsi degnamente con i migliori paesi europei?

Il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 27 agosto 1770-Berlino, 14 novembre 1831) ritiene che lo Stato sia il momento culminante dell’eticità, ossia la riaffermazione dell’unità della famiglia (tesi), al di là della dispersione della società civile dovuta ai diversi interessi che a volte si contrastano (antitesi). Lo Stato, per Hegel, è una sorta di famiglia in grande nella quale l’ethos (il cui significato, in origine, era “il posto da vivere”) di un popolo esprime consapevolmente se stesso: lo Stato deve esprimere “organizzazione”. In una famiglia, in una impresa ed anche in uno Stato è certamente importante incrementare le risorse economico-finanziarie ma, come ogni famiglia ed ogni imprenditore sa bene, è prioritario prestare attenzione a come si consumano tali risorse: spendere bene i propri denari, non sprecare ed evitare di creare uscite superiori alle entrate.

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