Capire le cause della protesta

In questi giorni, in diverse città italiane, si sono verificate manifestazioni sfociate anche in atti di violenza. I manifestanti al grido “stremati e furibondi non ce la facciamo più” hanno chiesto di ridare loro la possibilità di svolgere le attività lavorative oggi fermate dal governo per lockdown. I mezzi di comunicazione hanno subito dato la parola ai “soliti” opinionisti e politici, che volentieri frequentano i salotti televisivi, e le parole, nella stragrande maggioranza dei casi, sono state di condanna non per la protesta, ritenuta comprensibile, ma per la violenza della protesta.

È quasi banale scagliarsi contro chi fa violenza ma il progresso sociale è da sempre avvenuto con atti di grande discontinuità e quindi di violenza contro la continuità. Pensiamo alla Rivoluzione Francese che, con la sua violenza, ci ha consentito il passaggio dalle monarchie ed aristocrazie alla democrazia popolare e ai diritti dei cittadini. Quando esplodono fenomeni di violenza popolare contro le istituzioni significa che esiste un malessere sociale che, se pur spesso cavalcato da forze politiche per trarne vantaggio, è reale, è tangibile. A questo riguardo è interessante fare qualche riflessione sul principio di causa-effetto.

Il principio di causa-effetto è una correlazione tra due fenomeni in cui il secondo, l’effetto, è prodotto dal primo, la causa: c’è una forma di necessità in base alla quale, avvenuto un fatto, ne avviene un altro da questo causato. In genere si intende il nesso causa-effetto come una corrispondenza biunivoca uno-a-uno, cioè un effetto è prodotto da una sola causa e viceversa una causa produce un solo effetto. In realtà la relazione è multi-a-molti perché una causa può produrre una molteplicità di effetti e un effetto può essere generato da una pluralità di cause.

A tal proposito, è interessante conoscere il pensiero di Thomas Hobbes (Westport, 5 aprile 1588-Hardwick Hall, 4 dicembre 1679, filosofo e matematico britannico, sostenitore del giusnaturalismo e autore nel 1651 dell’opera di filosofia politica Leviatano). Nel De corpore, (scritto nel 1655 con titolo originale Elementorum Philosophiae sectio prima De corpore) Hobbes affronta il principio di causa-effetto in connessione con le cause che generano movimento. Per Hobbes la causa consiste in un insieme di proprietà di un agente che modificano alcune proprietà di un paziente. Tale modificazione è l’effetto. Il filosofo, poi, sostiene un principio che è condizione fondamentale di applicabilità e di sensatezza: “il principio di continuità”. Questo principio assicura che se la causa x ha prodotto l’effetto y, ciò avverrà in qualunque altro tempo, a parità di condizioni. È dunque chiaro, per Hobbes, che ogni cosa che è o accade ha una causa necessaria: la causa intera di ogni azione, ciò che la necessita e la determina, è la somma di tutte le cose che conducono e che concorrono alla sua produzione.

Non è accanendoci sull’effetto che si migliora ma evitando che le cause raggiungano l’interezza: più che accusare gli atti di violenza avvenuti durante le manifestazioni, è fondamentale analizzare le cause per porvi i corretti rimedi, altrimenti, come dice Hobbes “ciò avverrà in qualunque altro tempo, a parità di condizioni”.

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