Quante colpe hanno le Regioni

Stefano Bonaccini ha lasciato la guida della Conferenza Stato-Regioni e al suo posto gli è subentrato il leghista Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia. È una elezione che riflette il cambiamento dei rapporti di forza intervenuto tra centrodestra e centrosinistra all’interno delle Regioni. Quando Bonaccini venne eletto alla guida delle Regioni italiane queste erano per lo più governate dal centrosinistra, oggi non più. In una lunga intervista l’ex presidente dei presidenti difende la bontà del suo operato e, più in generale, quello dei vari governi regionali di fronte alla emergenza provocata dalla pandemia. Se colpe ci sono state, queste non riguardano certamente le Regioni, ma il governo attuale e quelli precedenti, questo è stato il senso del suo ragionamento.

Nessun cenno critico e autocritico nonostante la situazione dimostri il contrario è cioè l’esistenza di difficoltà, problemi e ritardi che chiamano in causa, accanto alle responsabilità dei vari governi anche quelle  delle Regioni e, in particolare, di alcune di esse. Invece si preferisce denunciare quelle degli altri, sottacendo, minimizzando o negando le proprie, per esempio, per quanto riguarda il piano di vaccinazione.

Quest’ultimo dipende dal governo per quanto riguarda l’approvvigionamento dei vaccini, ma dipende dalle Regioni per la loro inoculazione, avvenuta in molti casi sulla base di scelte e di modalità assai discutibili. In queste ore il Commissario Figliuolo (ancora lontano dall’obiettivo delle 500 mila vaccinazioni al giorno) ha invitato le Regioni a vaccinare over 70 e soggetti fragili perché sono quelli più esposti. Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni, ma una cosa è certa: l’emergenza economico-sanitaria che stiamo vivendo ha dimostrato come un certo modo di concepire il ruolo delle Regioni, che si è fondato su un autonomismo esasperato, sia giunto al capolinea e imponga un diverso rapporto tra Stato e Regioni. È una questione che prima o poi bisognerà affrontare.

Uno Stato può funzionare se è chiaro “chi fa che cosa”, se di fronte ad una pandemia come quella che stiamo vivendo chi decide è il governo centrale in un quadro di cooperazione/collaborazione con tutti gli altri livelli di governo, a partire da quelli che come le Regioni esercitano funzioni legislative. La cooperazione/collaborazione si è invece trasformata un rivendicazionismo permanente, in un conflitto di competenze e in una concezione del regionalismo in cui l’interesse di ogni singola regione ha finito per prevalere su quello nazionale.

Se anziché incaponirsi nel voler realizzare una riforma costituzionale con la quale ci si proponeva di  modificare decine di articoli della nostra Carta fondamentale (col risultato di dividere il Paese) si fossero realizzate, come molti costituzionalisti avevano suggerito, tre modifiche al titolo V, sulla riduzione del numero dei parlamentari (affiancandola non già dalla “porcata” dell'Italicum ma da un riforma seria della legge elettorale) e sul superamento delle duplicazioni tra Camera e Senato, oggi saremmo in una situazione molto diversa. E invece siamo esattamente al punto di partenza.

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