Rifacciamo l'Italia con l'Europa
Alfredo Quazzo 09:39 Venerdì 30 Aprile 2021 0
L’Italia, come nazione, sta purtroppo dimostrando in modo evidente, anche ai cittadini più distratti, quanto sia stata imperfetta la sua evoluzione e questo sin dalla sua genesi (1861). Certo la pandemia, che ha colpito dolorosamente il mondo, ha consentito agli italiani di guardare con più attenzione, attraverso una virtuale lente di ingrandimento, la sua struttura burocratico-organizzativa e la propria dimensione politica. Massimo d’Azeglio nel 1861 pronunciò la famosa frase, spesso erroneamente attribuita al Conte di Cavour, “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani”. L’espressione, a 160 anni di distanza, più che mai attuale, emerge in molte situazioni difficili in cui sono forti, nel paese, i conflitti e le tensioni sia sociali che politiche.
La famosa frase del patriota aveva il significato di spingere gli italiani ad unificarsi: unire il popolo consapevole di essere spiritualmente unito da caratteristiche quali una lingua comune, una storia comune e una religione comune in uno Stato creato dalla volontà collettiva delle persone. Purtroppo, ancora oggi, gran parte degli italiani si sente un unico popolo solo in determinate occasioni sportive! Quindi: missione non compiuta.
Con la seconda guerra mondiale l’Italia ebbe l’occasione di essere annessa all’Unione europea nazista superando, di fatto, la necessità di “fare gli italiani” e, per fortuna, andò male. Charles de Gaulle, intervistato alla fine degli anni 60 da Indro Montanelli nella sua residenza privata in Normandia, aveva criticato il presidente del consiglio italiano Alcide De Gasperi per aver aderito alla linea europeista di Monnet, Schuman e Adenauer. Charles de Gaulle li chiamava “apatrides” cioè “senzapatria”. Montanelli scrisse: “Obbiettai al Generale: «Ma sa, De Gasperi rappresenta un Paese povero che...», m’interruppe, e su un tono proprio da generale, disse con disprezzo: «No, Monsieur, l’Italia non è un Paese povero, è un povero Paese!»”.
Sono sempre stato moderatamente europeista, nel senso che sono fortemente d’accordo su una unione federale degli stati europei sul modello Usa, su di una reale unione politica, e, data la situazione politico-organizzativa che non tende a migliorare, oggi, ancora di più, credo che l’unica nostra via di uscita sia entrare a fare parte di una Unione Europea forte sul piano politico ed economico, unione dove si possa stemperare la nostra attitudine al malgoverno e alla conseguente pessima burocrazia che soffoca i cittadini della penisola almeno dal 1861.