Le primarie e la retorica del giorno dopo

Per capire questo, occorre fare un passo indietro a qualche mese fa, quando, definita la data delle elezioni, il centrodestra aveva già un candidato che stava iniziando la campagna elettorale e nel centrosinistra c'era chi chiedeva di accelerare per convergere subito su un nome che potesse permetterci di iniziare subito il percorso di avvicinamento alle elezioni.

Praticamente l'80% dei militanti del Partito Democratico (che piaccia o no è il cardine della coalizione) chiedeva a gran voce la candidatura di Stefano Lo Russo con un consenso trasversale e ampio sia nella base che nel gruppo dirigente che fra gli amministratori che ogni giorno sono impegnati a rappresentare il partito nelle istituzioni. Oltre a questo, si aggiunga che i 3 principali partiti della coalizione di centrosinistra delle ultime elezioni, dopo una riflessione interna, avevano dato la loro preferenza proprio per Stefano Lo Russo.

Qualcuno però ha iniziato a dire che non era d'accordo e che pretendeva che si svolgessero le primarie. Proprio la base del partito democratico ha sollevato molti dubbi sull'opportunità di svolgere consultazioni primarie in piena pandemia, in un weekend di giugno, in condizioni mai avute prima.

Nessuno ha voluto ascoltare chi, con tanta esperienza di questi processi, alzava la mano per dire che si stava correndo un forte rischio e che stavamo regalando altro tempo alla destra.

Essendo noi un partito veramente democratico, abbiamo ceduto per il bene della coalizione e abbiamo organizzato in fretta e furia delle primarie senza precedenti. Gli stessi militanti che si erano espressi contro lo svolgimento delle primarie non hanno fatto mancare il loro impegno e si sono caricati sulle loro spalle l'organizzazione e l'apertura dei seggi che hanno permesso a quasi 12000 persone esprimere la loro preferenza.

Non stupisce che oggi i giornali, sempre in cerca del titolo ad effetto, insistano sul dato dell'affluenza che viene considerato un flop. Questo è certamente vero se si paragona questo dato con quello delle ultime elezioni primarie per il sindaco di Torino svolte però 10 anni fa, a febbraio, in un contesto politico e sociale diametralmente opposto a quello attuale e col nome di Fassino conosciuto e riconosciuto in tutta la città. Che i giornali non facciano lo sforzo di contestualizzare questi dati e queste condizioni al contorno è un qualcosa che chiunque si aspetta ormai.

Non stupisce nemmeno che chi non ha mai fatto un minuto di militanza politica, e che non manca di pontificare sui social su tutto quello che è politica, oggi si soffermi solo sul dato dell'affluenza per parlare di queste primarie. I militanti ci sono abituati e ci hanno ormai fatto il callo; siamo abituati a sentirci ogni giorno dire quello che dovremmo fare e quello che dovremmo dire senza che chi si scomoda per darci tutti questi consigli muova un dito per essere lui attore del cambiamento che richiede agli altri.

Non solo stupisce, ma diventa stucchevole e odioso, sentire invece le esternazioni di chi ieri chiedeva a gran voce le primarie contro ogni logica e buon senso, contro i consigli dei militanti e contro la richiesta dei principali partiti della coalizione. Sentire dire da queste persone che il dato dell'affluenza debba fare riflettere senza che loro riflettano sul fatto che forse avevano torto nel continuare ad insistere su questo strumento in queste condizioni così avverse, è una ferita obliqua nella carne di chi ha speso il sabato pomeriggio del 12 giugno, con 30 gradi, sotto un gazebo, di chi si è svegliato alle 7 del mattino di domenica 13 giugno per rimontare i gazebo e ci è stato poi fino alle 21, sempre con una media di 30 gradi e sempre in una giornata in cui poteva tranquillamente andarsene al mare o in montagna con fidanzat* o famiglia.

Visto che poi questa comunità si conosce bene perché è abituata a condividere tanti momenti più belli e più duri di militanza e passione, scorrendo i nomi dei volontari che hanno permesso di tenere aperti i seggi, abbiamo tutti potuto notare come il 99% di questi fossero aperti proprio grazie a militanti (quasi tutti del PD ma anche delle liste Moderati, Civica e Progetto Torino) che avevano espresso il proprio appoggio da tempo a Stefano Lo Russo.

Ricapitolando quindi, i militanti che sostenevano Lo Russo, che gridavano a gran voce che fare le primarie a giugno, in pandemia e con poco tempo per organizzarle, era una grandissima cavolata, hanno poi comunque garantito la loro disponibilità acchè queste si svolgessero e oggi si sentono pure dire che le primarie sono state un flop e quindi dovrebbero riflettere? Se il mondo non fosse schizofrenico già da tanto tempo, ci faremmo due domande. E guai a ribattere. Devono stare zitti e VERGOGNARSI. Così è stato detto. Vergognarsi perché se votano 12 mila persone è perché loro hanno sbagliato tutto. Mettetevi per un secondo nei panni del militante di cui sopra e chiedetevi se non vi verrebbe voglia di entrare in una di quelle stanze in cui è permesso spaccare tutto per scaricare rabbia e frustrazioni contro il mondo.

L'apoteosi della frustrazione è stata però quando, durante il weekend, alcuni candidati hanno polemizzato sulle bandiere del PD presenti ai gazebo - senza considerare che gli altri partiti non le hanno portate e non è colpa dei circoli del PD se hanno praticamente da soli garantito la macchina organizzativa per lo svolgimento delle primarie, nessuna bandiera non del PD è stata vietata ma semplicemente non c'era praticamente nessun militante di altri partiti a tenere aperti i seggi e chi è venuto non ha portato alcuna bandiera. La gente però ha potuto vedere e riconoscere la nostra presenza sul territorio (perché poi ti rinfacciano che non se visibile) proprio grazie a quelle bandiere e scusate ancora se osiamo non vergognarci di esporle e di sentirci parte di una comunità di donne e uomini che sputano "sangue e merda" tutti i giorni per un qualcosa in cui credono.

È arrivata poi la polemica dei pochi seggi. Che se non ci fosse da ridere, verrebbe da piangere visto che qualche candidato era assente o quasi quando serviva indicare i volontari per formarli e richiedere le occupazioni del suolo pubblico ma non ha mancato di mandare poi decine di persone a controllare le operazioni di voto come rappresentanti di lista.

Ultima ma non meno importante, l'immancabile polemica sui 2 euro. Quella è arcinota ma fa male il doppio quando arriva da chi conosce benissimo il motivo per cui chiediamo quei 2 euro. Perché tutti dicono che il finanziamento pubblico ai partiti non va bene, la festa dell'unità per finanziare le attività del partito è saltata, le occupazioni di suolo pubblico vanno pagate, i gazebo e i tavoli per fare all'aperto i seggi che prima facevamo al chiuso vanno comprati, gli igienizzanti e i plexiglass pure, le figure che la legge impone di avere per eventi di questo tipo in pandemia (Covid manager) vanno pagate... E tutto questo, l'elettore che viene a votare e si lamenta può non saperlo, spesso glielo spieghiamo e lo capisce di buon grado. Non è invece accettabile che faccia finta di non saperlo chi fa questa polemica sterile pur facendo da anni politica e militanza.

Infine, due dati più politici.

Lo Russo ha vinto in quasi tutti i seggi, Tresso (sostenuto da chi nella coalizione si colloca più a sinistra) ha vinto prevalentemente in quelli del centro città e della collina. Possiamo imparare anche da questo in vista delle elezioni ad esempio.

Lavolta, unico candidato apertamente schierato per un accordo col M5S, è arrivato terzo. Sentirsi il giorno dopo spiegare che il risultato delle primarie ci impone di allargare gli orizzonti della nostra coalizione credo sia davvero poco lucido. Si può comunque continuare ad insistere, magari qualcuno però deciderà di non aprire più le sedi e non piegarsi più a tenere aperti i seggi delle primarie se manco ascoltiamo la voce di chi si disturba di andarci a votare. L’alternativa… è Chiara.

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