Se vince il non voto

A una settimana dall'esito del primo turno del voto e ad una settimana dai ballottaggi si sono sentite le solite analisi già preparate dai vari partiti prima del voto stesso dalle quali emerge che con i vari stratagemma usati nessuno ha ammesso la propria performance soprattutto chi ne è uscito sconfitto. Ma alcune considerazioni bisogna farle: il dato più preoccupante è la disaffezione al voto da parte dei cittadini, che sono stanchi di promesse non mantenute da parte dei leader dei vari partiti o movimenti. Ora gli stessi protagonisti della politica si chiedono il perché di questo fenomeno che ormai è inarrestabile. La soluzione è talmente banale che, come tutte le domande semplici, la risposta sia quanto mai difficoltosa. Questo è il frutto di una politica che appassiona sempre meno e fatta sui social, in televisione e sui giornali che imperversa tutti i giorni ormai con le stesse persone che dicono tutto e il contrario di tutto soprattutto nelle comparsate televisive dei vari protagonisti.

La gente è stanca… e se analizziamo che una metà degli italiani ha preferito starsene a casa anziché esprimere un diritto di libertà democratica, la soluzione non mi sembra così difficile da interpretare. Inedito il fatto che in una città come Milano, abbia votato poco più del 50% di chi ha diritto al voto, nel governare una città, ottenendo una percentuale che dà diritto all’elezione del proprio sindaco del 55% del 50% che ha espresso un voto. Quindi il sindaco rappresenta il 35% degli aventi diritto. Alquanto desolante quindi per un sindaco di qualsiasi partito politico, cantare vittoria. E mi riferisco a qualsiasi partito politico che ha sulla coscienza le scelte sbagliate di candidati a sindaco improvvisati come ad esempio Milano.

Un sindaco alcuni anni fa era una persona che masticava politica ed aveva avuto in passato esperienze di politica attiva. Poi nel bailamme generale mi ha colpito un'affermazione che la maggior parte dei partiti hanno fatto. Al momento di designare il candidato, c'è stata la corsa al rappresentante della società civile; poi gli stessi leader si lamentano che la politica non è più protagonista nelle istituzioni, ma è ormai governata da tecnici. Allora bisogna decidersi, o politici o tecnici. Non lamentiamoci poi di un Draghi alla Presidenza del Consiglio, o tecnici nei ministeri più importanti. Dobbiamo ringraziare queste persone che hanno preso in mano un’Italia così malmessa alle quali bisogna fare un monumento per aver avuto il coraggio di portarla fuori (si spera) dal baratro. E in questa settimana saremo spettatori di politici che promettono probabili apparentamenti di convenienza e sottobanco tra partiti che l’unico obiettivo per cui ricorrono a determinate strategie solo per sedersi su un qualsiasi scranno per paventare il potere determinato anche solo da una percentuale che una volta si definiva da prefisso telefonico di una qualsiasi città (anche lo 0,2%).

Basta quindi destra, sinistra, che per raggranellare voti antepongono la propria coalizione con la parola centro! Tutto ciò perché? Perché in Italia manca proprio una forza che esprima un centro forte, perché gli italiani vogliono questo: né forze create e riesumate dalla sinistra né quelle di destra. E i leader attuali, che hanno forse capito poco, sventolano l’ipotesi di un raggruppamento di ex Ulivo allargato ai 5 stelle o da destra, che ora con il sorpasso della Meloni su Salvini, ha raggiunto l’obiettivo di essere incoronata come aspirante leader della coalizione.

Al prossimo appuntamento elettorale, se andiamo avanti così vincerà un esponente che si metterà a capo di un partito che, come motto, sceglierà il non voto. Battute a parte secondo me il meglio deve ancora arrivare. Rimane il fatto di quanto ha saputo far poco la nostra generazione per un futuro che riguarda tutti noi ma soprattutto i nostri figli e i nostri nipoti. Ma la speranza è l'ultima a morire...

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