Forza Nuova, la parola ai giudici

Il 10 ottobre, a meno di una settimana dall'entrata in vigore dell'obbligo del Green pass sui luoghi di lavoro, a Roma gruppi dell’ultradestra, decisi ad alzare la tensione popolare, hanno sferrato un attacco organizzato ai palazzi del potere. La rabbia dei manifestanti no vax e no green-pass ha riproposto scene che non si vedevano da tempo. A scatenare la rabbia di migliaia di manifestanti sarebbe stata Forza Nuova, formazione politica di estrema destra nata nel 1997. Sono stati arrestati, tra gli altri, anche Fiore e Castellino, rispettivamente responsabile nazionale e capo romano di Forza Nuova. Durante la manifestazione, un gruppo di persone si è staccato dai manifestanti per assaltare la sede nazionale della Cgil, accusata di non difendere i lavoratori obbligati a presentare il passaporto verde per poter lavorare, e ne ha sfasciato i locali. Per ore, tra le vie dello shopping, è imperversata la guerriglia con manifestanti che esponevano bandiere tricolore o cartelli «contro la nuova Norimberga» e «Per la libertà del popolo».

Come sempre succede in Italia, i fatti di Roma hanno scatenato accese discussioni mediatiche tra forze politiche, opinionisti e giornalisti e il tema principale delle dissertazioni di “salotto” televisivo si è incentrato sul Fascismo in Italia. Alcuni esponenti di rilievo della sinistra, tra i quali il segretario del partito democratico Enrico Letta, hanno chiesto al governo di intervenire per mettere al bando le formazioni definite “neofasciste”. È sorprendente come politici, parlamentari, giornalisti ed opinionisti non si appellino a leggi dello Stato, ma siano più inclini ad una sorta di giustizia sommaria, di giustizia per le vie brevi. In uno Stato di diritto la legge viene definita prima del reato ed il reato deve essere confermato attraverso un processo che i magistrati giudicanti (giudici) stabiliscono attraverso un contraddittorio tra accusa e difesa e che solo se le accuse sono confermate “oltre ogni ragionevole dubbio” danno origine ad una condanna.

Se in un tribunale un giudice condanna “oltre ogni ragionevole dubbio” Forza Nuova colpevole di apologia e ricostituzione del partito fascista, allora questo partito deve essere sciolto e i suoi dirigenti condannati, secondo legge, per apologia di fascismo. In uno Stato di diritto, una qualsivoglia formazione politica che, per definizione, è appoggiata su delle idee, giuste o sbagliate che siano, non deve essere sciolta per decreto governativo o, peggio, “a furore di popolo” altrimenti si ricade in uno Stato autoritario… In uno Stato fascista.

Facciamo un po’ di storia: il fascismo è nato come movimento politico filosoficamente a carattere prettamente idealista, anti-ideologico e pragmatico. Nell’analizzare il fenomeno fascismo occorre quindi scindere il fascismo “ideale” da quello “reale”, esattamente come si fa per il marxismo. Bisogna considerare che il modus operandi del fascismo fu dettato dalle circostanze tanto quanto dall'ideologia e dalla filosofia, e che, a circostanze diverse, la medesima ideologia è stata cambiata e piegata dalla filosofia originaria del movimento. Cardine fondamentale della filosofia fascista è l'assoluta preminenza dello Stato in ogni aspetto della vita politica e sociale. In questo senso il fascismo si pone come un movimento politico di stampo neohegeliano propugnando lo stato etico. Il fascismo si ispira a due opposte e differenti correnti di pensiero ottocentesco: da un lato una corrente “di sinistra”, ispirata a personaggi come Sorel, Proudhon, Corridoni e ai Futuristi, che propugnava la rivoluzione, il sindacalismo combattente, l'ascesa della violenza come irrazionale ma decisiva soluzione ai problemi e alle incertezze della logica e della democrazia liberale; dall’altro lato a correnti di pensiero ultraconservatrici, contraddistinte dalla critica contro il materialismo e l'idea di progresso delle società capitaliste borghesi, ritenute distruttrici dei valori più profondi della civiltà europea. Tali scuole di pensiero tendono a rievocare una mitica società premoderna, armonica e ordinata, nella quale i diversi ceti della società collaborano per il bene comune. Da questo si diffonde la critica alla democrazia liberale e alla società di massa “che avvilisce l’uomo” (il numero contro la qualità), fino a giungere a pensatori che ritenevano esaurita la funzione della civiltà occidentale (in particolare Oswald Spengler). Infine, non meno importante, soprattutto in Mussolini, è l’influenza del pensiero di Nietzsche, che, sebbene sommamente avverso alla politica, permea continuamente il modus cogitandi del capo del fascismo italiano.

La messa in pratica delle idee fasciste, però, è capitolata in situazioni dittatoriali che non hanno più operato per perseguire il bene comune. In seguito alla caduta del regime fascista nasce quindi l’esigenza di proteggersi dal ripetersi della storia. Nel 1952 viene emanata la legge n. 645 (legge Scelba) che sanziona chiunque «promuove, organizza o dirige le associazioni, i movimenti o i gruppi aventi le caratteristiche fasciste», chiunque «partecipa a tali associazioni, movimenti o gruppi perseguendo le finalità del disciolto partito fascista» e chiunque «pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». Oltre a sanzioni pecuniarie sono previste pene con arresti dai 6 mesi ai 12 anni. Inoltre, sono previste sanzioni detentive anche per i colpevoli del reato di apologia: più o meno severe a seconda se il fatto riguarda idee o metodi razzisti o se commesso a mezzo della stampa. Tale pena detentiva può essere accompagnata dalla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.

È vietata perciò la ricostruzione del Pnf. Ma perché è così difficile applicare la legge Scelba? Uno degli ambiti in cui la giurisprudenza italiana, per esempio, trova difficoltà a fornire un’interpretazione uniforme riguarda il saluto romano, cioè il segno di riconoscimento del regime fascista. Il 30 aprile 2019 il Tribunale di Milano ha assolto quattro dirigenti di Lealtà e Azione, movimento di estrema destra, accusati di apologia del fascismo nel 2016, per aver mostrato il saluto romano presso il cimitero di Milano davanti ai caduti fascisti della Repubblica Sociale di Salò. Secondo il giudice “il fatto non sussiste” perché quella degli imputati sarebbe stata una “manifestazione del pensiero costituzionalmente garantita”. Tuttavia, cinque mesi prima, lo stesso tribunale aveva deciso di infliggere una condanna per dei saluti romani inscenati nello stesso cimitero, appena due anni prima. Il giudice nelle motivazioni affermava che “la manifestazione fu dichiaratamente volta a celebrare non i defunti ma la nascita del movimento fascista” e dunque “non commemorativa nel senso minimalista, ma rievocativa”.

La legge Scelba, tuttavia, deve contemperare il diritto costituzionalmente garantito alla libertà di pensiero (articolo 21 della Costituzione, “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”), che può essere compresso solo in nome di un’urgenza che la Corte costituzionale, nella sentenza 74 del 1958, ha individuato nel “concreto pericolo per l’ordinamento democratico”. Al giudice è dunque affidata la discrezionalità nello stabilire quanto il pericolo sia effettivamente concreto, una prerogativa che la Cassazione fino ad ora ha interpretato seguendo due orientamenti differenti: il primo sottolinea il carattere pubblico della manifestazione tipica del disciolto partito fascista, sanzionando la volontà di raccogliere adesioni e consensi propedeutici alla sua ricostituzione, il secondo scegliendo di non punire le manifestazioni, anche pubbliche, di carattere commemorativo. Nel 2017 il deputato del Partito democratico Emanuele Fiano ha provato ad aggirare tale discrezionalità proponendo un disegno di legge che introducesse il reato di “propaganda del regime fascista e nazista”, ma il tentativo è naufragato sia per il termine della scorsa legislatura, sia per la dura opposizione del Movimento 5 stelle che, in commissione Affari costituzionali, definì il provvedimento “sostanzialmente liberticida”.

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