A Gtt serve concordia (e competenza)

La lettera “Gtt, una privatizzazione mascherata”, pubblicata qualche giorno fa sullo Spiffero, mi ha indotto a qualche riflessione. Quando si parla di organizzazione e di efficientamento di un’impresa si devono considerare tutte le parti interessate (stakeholder), comprese le forze sindacali. A tal proposito, penso sia utile lanciare uno sguardo sui dati a livello europeo.

Da un rapporto del Cnel (Consiglio italiano dell’Economia e del Lavoro), apparso nel 2010, risulta che, all’epoca, nell’Unione a 27 paesi, il numero degli iscritti ai sindacati superava la soglia dei 42 milioni di lavoratori dipendenti (se si includono pensionati e disoccupati si contavano quasi 60 milioni di iscritti), vale a dire che la densità sindacale media era del 25,1%. Secondo gli ultimi dati disponibili (2018), le differenze da un Paese all’altro sono considerevoli: si passa dall’7,9% della Francia al 66,1% della Svezia. Superano il 40% anche Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Lussemburgo e Malta; mentre al di sotto del 20% si trovano, insieme alla Francia, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Spagna e Ungheria. L’Italia è in una posizione intermedia con il 34,3%. In tale fascia vi sono anche Austria, Bulgaria, Croazia, Grecia, Irlanda, Olanda, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia.

La tendenza generale è verso la diminuzione. La domanda più controversa, naturalmente, è quella sulla utilità degli scioperi. Bisogna infatti notare che in Francia, per esempio, i sindacati, nonostante i bassi livelli di adesione, sono in grado di mobilitare lavoratori in scioperi di massa e manifestazioni con grande effetto. Credo che i sindacati di alcuni Paesi europei, fra cui l’Italia, abbiano concepito sé stessi come forze politico-sociali organizzate con il fine di promuovere la trasformazione dell’intera società accompagnando il lavoratore dalla nascita alla morte, insomma una pretesa che li ha spesso trasformati in partiti d’opposizione dimenticando che il compito principale di un sindacato è quello di negoziare i contratti di lavoro.

Se consideriamo le retribuzioni (fonte Eurostat 2020), in Italia lo stipendio medio di un lavoratore dipendente single senza figli arriva a 21.463 euro (sottratto le tasse e i contributi) cioè 1.533 euro al mese per 14 mensilità mentre la media europea è di 24.005: in pratica l’Italia si è discostata da 550 euro del 2013 agli attuali di 2.542 euro dalla media europea. Tolto il Lussemburgo (stipendio medio 41.239 euro), superano i 30.000 euro la Svezia (33.468), la Danimarca (37.980), la Finlandia (31.930), la Germania (31.831), l’Austria (32.810), l’Irlanda (35.095) e l’Olanda (39.089). Sono comunque a noi superiori la Francia (27.768) e il Belgio (29.389). Mentre la Spagna (21.241) è a noi assimilabile, tutti i paesi dell’est sono nettamente inferiori fino ad arrivare alla Bulgaria, ultima in classifica con 6.386 euro.

Il divario si ritrova anche a livello di disoccupazione: le nazioni con il tasso di disoccupazione più alto sono: Spagna (37,1%), Grecia (30,4%) e Italia (29.4%), mentre i più virtuosi sono Repubblica Ceca (7,1%), Germania (7,5%) e Paesi Bassi (7,6%). La Francia con il 19,1% ci distanzia di bel 10 punti percentuali.

Nella lettera in questione si legge: “Le scelte messe in campo ormai da tempo in Gtt sono sempre state esclusivamente operate da interessi politici e mai per l’efficienza del trasporto pubblico di Torino”. Non si stenta a credere che la Gtt di Torino abbia davanti a sé considerevoli fattori di miglioramento sul piano gestionale/organizzativo. Ma il solo fatto che l’azienda abbia deciso di attingere dal settore privato la dottoressa Serena Lancione quale nuovo Amministratore Delegato, non è condizione sufficiente per affermare con retorica provocatoria: “Quale miglior manager per mascherare l’intenzione di privatizzare l’azienda storica di Torino?”

È utile ricordare che la Gtt nacque il 1º gennaio 2003 dalla fusione delle due preesistenti aziende di trasporti torinesi: Atm, gestore operativo del trasporto pubblico nel territorio comunale e dei parcheggi di scambio, e Satti, gestore operativo dei trasporti in ambito regionale e della linea 1 della metropolitana di Torino. L’Atm, a sua volta, era nata ufficialmente il 28 novembre 1906 quando il Consiglio Comunale di Torino, con 55 voti a favore e 12 contrari, deliberò il riscatto della rete tranviaria della Società Elettricità Alta Italia e la municipalizzazione del servizio con la costituenda Azienda Tranvie Municipali.

Le radici della Gtt, quindi, affondano, fin dalla nascita, nel “terreno pubblico” e più precisamente “comunale”. Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti. In merito al profilo professionale del nuovo amministratore delegato, emerge che la dottoressa Lancione arrivi da una esperienza in Bus Company srl in cui ha ricoperto la funzione di direttore generale. La Bus Company srl è una azienda di trasporti privata che con 400 dipendenti gestisce 280 autobus per una percorrenza annua di 15.000.000 Km dando servizio a 15.000.000 di clienti all’anno per un fatturato di circa 26 milioni di euro e con un utile 2020 di 600.000 euro.

La Gtt attualmente conta più di 4.200 dipendenti, 1000 mezzi di trasporto, una percorrenza annua di 703 milioni di Km dando servizio a 150 milioni di clienti all’anno per un fatturato di circa 93 milioni di euro e una perdita 2020 di 20 milioni di euro.

Se una perplessità sull’azienda di provenienza del nuovo amministratore delegato può esserci, non è certo per il fatto che sia privata ma piuttosto sulle sue dimensioni che, come emerge dai numeri, risultano notevolmente inferiori e quindi con difficoltà organizzative di diversa complessità. In tutti i casi poiché è necessario un grande lavoro di efficientamento al fine di mettere in grado la Gtt di fornire un buon servizio, a prezzi di mercato, azzerando le perdite, penso sia indispensabile che Consiglio di Amministrazione, dirigenti, dipendenti, e quindi anche sindacalisti, sotterrino l’ascia di guerra e, fumando il calumet della concordia, intraprendano tutti quanti insieme, con competenza e perseveranza, le azioni per raggiungere in un tempo ragionevole quella “efficienza del trasporto pubblico di Torino” di cui si parla nella lettera.

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