Che trasporto pubblico vogliamo?

Il degrado del sistema di trasporto italiano, che attraversa le imprese di trasporto e in maniera ancor più grave i gestori delle infrastrutture, non trova argine nemmeno con i vari cambi di Governo; istituzioni che d’altronde si limitano, instancabilmente, alla sostituzione di dirigenti e amministratori, che a loro volta interpretano il ruolo ben attenti a non contrariare lo “sponsor” di turno. Di conseguenza, questo costoso valzer di potere ripropone sempre lo stesso risultato: a pagare il conto sono i lavoratori e i cittadini, che ottengono in cambio servizi scadenti o del tutto inesistenti.

Il trasporto nazionale, nelle sue varie articolazioni, è ormai proiettato, in maniera pericolosa, verso la totale liberalizzazione delle regole di ingaggio che non tengono conto delle regole normative che cambiano (vedi omicidio stradale previsto dal nuovo Codice della strada) con una ripercussione gravissima sui lavoratori e che, attraverso la dicitura “libero mercato”, vedono il rincorrersi di modalità di trasporto a basso costo, senza badare troppo alla qualità del servizio offerto, all’integrità dei mezzi utilizzati e il livello di salute psicofisica degli addetti alle attività di sicurezza.

Finora tutti i nostri appelli, le nostre proposte sono caduti nel vuoto delle istituzioni, in maniera davvero imbarazzante, o sono stati elusi da parte delle imprese e dalle associazioni datoriali; i momenti di convergenza, di contestazione e promosse sono quelli successivi alle cicliche tragedie che colpiscono il trasporto pubblico. È la sintesi di migliaia di lavoratori dei trasporti, per lo più addetti alle attività di sicurezza del servizio pubblico e privato, che si propongono di riabilitare e rilanciare con più forza i temi della sicurezza negli ambienti di lavoro, la qualità della vita dei lavoratori e di un trasporto pubblico sostenibile e fruibile da tutta la collettività. E poi, al di là del Covid, servono soluzioni che rendano il sistema più attrattivo in termini di qualità, flessibilità e adattamento alle esigenze della domanda.

Nel nostro dialogo con le istituzioni ci siamo resi conto che un tema difficile è quello di reperire le risorse economiche per gli autisti. Questo porta a una mancanza di lavoratori, insieme ad altre ragioni diverse e collegate tra di loro. Per esempio, il fatto che l’età minima per poter ottenere la patente per guidare gli autobus è stata alzata da 21 a 24 anni, e che è molto costosa da ottenere. Sono barriere all’entrata che rendono la professione difficile, e che creano squilibri tra la domanda e l’offerta. Insomma, quello del trasporto pubblico locale è un percorso in salita, ma è anche un percorso quasi obbligato, vista la rilevanza che molto probabilmente avrà nel nostro futuro più green e sostenibile.

*Roberto Faranda, Fast Confsal

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