Le promesse (mancate) di Meloni

La comunicazione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni si fonda su un concetto: stiamo cambiando l’Italia, ovviamente in meglio. Dal mio punto di vista dove stiano tutte queste migliorie non è dato sapere. La scorsa estate Banca d’Italia ha certificato un’ulteriore, ennesima crescita del debito pubblico. Ormai siamo a quota 3 mila miliardi. Certo, non è colpa solo di Giorgia Meloni. Però, chi dice di migliorare le cose, in due anni di governo avrebbe dovuto far registrare un calo (anche minimo, per carità) del nostro deficit pubblico. Invece continuiamo a caricare le future generazioni di debiti da saldare.

Il ministro Giorgietti non perde occasione per ribadire la solfa di un governo “prudente” con i mercati e con la Commissione europea. Peccato che la prudenza di Giorgetti finora non sia servita a far calare di un euro l’ammontare del deficit ma costerà sette anni di tagli ai servizi pubblici. Ci saranno 12 miliardi di tagli a ministeri ed enti locali fino al 2029. Serviranno a far rientrare il rapporto tra deficit e Pil nei nuovi parametri del patto di stabilità che Meloni e Giorgetti hanno firmato. Sempre che le previsioni macroeconomiche rimangano quelle del governo.

Peccato che la situazione sia piuttosto diversa da quella rose e fiori descritta da Meloni e company. L’Istat ha annunciato che la stima di crescita prevista dal governo nella legge di bilancio sarà dimezzata. Sempre l’Istituto di statistica ha messo nero su bianco che l’aumento dell’occupazione (per lo più lavoro povero) sta rallentando. A settembre gli occupati sono scesi di 63 mila unità. Tengono i servizi, ma l’industria continua a calare. Ad agosto, sempre da stime Istat, c’è stato un altro calo dello 0,1 percento. Su base annua siamo a -4,6 per cento.

Intanto la Banca d’Italia prosegue nel sollecitare il governo a tagliare il debito pubblico e a sostenere l’economia con i soldi del Pnrr. Peccato che la retorica del governo sulle record di rate del Pnrr ricevute sia vuota: molti degli obiettivi da raggiungere (ben il 62 per cento) sono stati spostati agli ultimi otto mesi del 2026, cioè alla fine dell’ultimo anno disponibile per il completamento del piano. Qualcuno dovrebbe iniziare a interrogarsi sul fatto che, forse, la bacchetta magica del Pnrr non produrrà il sortilegio sperato. Una delle promesse chiave del governo Meloni era quella di attuare riforme significative per rilanciare l'economia italiana, con particolare attenzione a misure di sostegno alle famiglie e alle imprese. Tuttavia, diverse misure annunciate, come il taglio delle tasse per le piccole e medie imprese e un intervento strutturale sulle bollette energetiche, non hanno visto un’applicazione concreta. Insomma: onorevole Meloni, è proprio sicura di cambiare, in meglio, l’Italia?

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