Senza auto non c'è futuro

Caro direttore,
scrivo ancora sull’industria dell’auto perché ci sono molti torinesi anche “colti” che non hanno capito che se Torino perde definitivamente l’auto sono cavoli amari. Lo ha ribadito anche un importante artista torinese come Ugo Nespolo: senza l’industria Torino si svuoterebbe.

Le dimissioni di Tavares e gli effetti negativi sulle fabbriche europee della scelta europea di puntare tutto sull’auto elettrica potranno aprire spazi positivi per Torino se ci sarà una unità di intenti tra le forze politiche e sociali senza più commettere gli errori degli ultimi venticinque anni.

Ho partecipato come semplice uditore all’assemblea dei delegati metalmeccanici al Santo Volto e ho potuto notare una analisi non condivisa sulla crisi. La crisi è il risultato di errori politici, sindacali e della Commissione europea. Non c’è neanche unione sugli obiettivi. Molti si concentrano sulla giusta esigenza di salvare l’occupazione. Ci sono ancora le divisioni dell’epoca di Marchionne che Fiom e Cgil criticano. Molti criticano la mancanza di una politica industriale responsabilità dei governi degli ultimi 25 anni.

Ricordo che nel 1989 al termine dell’esperienza Ghidella in Italia si producevano 1.900.000 auto e la Fiat era prima in Europa come quota di mercato. Nel 1999 la produzione era scesa a 1.400.000 di cui 500.000 a Torino. Il decennio degli anni Novanta aveva pagato il prezzo della uscita di Ghidella e del minore appeal delle nuove auto. Negli anni ’90 Castellani iniziò a dire che il futuro di Torino non sarebbe più stato così industriale e iniziava a puntare su turismo, cultura e loisir. Nel 1999 grazie all’Avvocato a Torino vennero assegnate le Olimpiadi invernali che misero in moto notevoli investimenti pubblici e privati che abbellirono molto il centro della città, frutto dei grandi cambiamenti del 700 e dell’800. Crebbero i valori immobiliari. Nessuno però si accorse, salvo il solito Giachino, che il pil piemontese, in cui Torino ha il 55%, nel 2006 non riuscì a crescere malgrado le Olimpiadi più della media nazionale ma dal 2001 cresceva meno della media nazionale. Inebriati dalle Olimpiadi e senza visione né tantomeno competenze, il Comune dimenticò di partire subito col progettare la Linea 2 della metro.

Nel frattempo, erano morti l’Avvocato e Umberto così la Fiat passò a Marchionne che con il colpo di genio della Chrysler rafforzò un’azienda resa gracile dalla perdita di metà della produzione e del mercato. Perso anche a Luca De Meo, non esplosa l’Alfa Romeo, calano le vendite e la produzione. Mentre i politici torinesi come diceva l’Avvocato erano più interessati allo spazio su Stampa e Repubblica, a Roma il governo giallorosso non mise la golden power quando venne venduta a Peugeot. Nel frattempo, purtroppo era scomparso Marchionne, un grande manager molto attaccato a Torino.

Allo scoppiare della transizione ecologica la Commissione Europea spinta da socialisti e Pd assestò il colpo definitivo al motore endotermico puntando tutto sull’auto elettrica e non riuscendo a capire che così ci si metteva mani e piedi nella rete cinese. Tavares su mandato degli azionisti che volevano più utili iniziò a tagliare soprattutto in Italia, a spostare produzioni laddove il costo era inferiore. Colpa di Tavares se la trattativa con Urso che disponeva del fondo Giorgetti è stata lunga e senza risultati. Significativa l’approccio di Tavares al confronto con la Commissione bilancio della Camera alla quale ho voluto assistere. Il precipitare delle vendite delle auto tradizionali, l’avvicinarsi delle sanzioni europee la reazione durissima dei sindacati americani e francesi hanno portato alle dimissioni.

Ora se tutti fossero d’accordo con la linea della Meloni di modificare la decisione europea e di autorizzare aiuti di Stato al settore, Elkann potrebbe finalmente far trasparire qualche affinità con il nonno materno per rilanciare le produzioni nel nostro Paese.

La cosa più positiva dell’assemblea dei delegati era lo striscione “Senza industria non c’è futuro”. Questo vorrebbe dire porre fine alla stagione degli accordi per la riduzione incentivata del personale e pensare a come rilanciare la produzione di auto nel nostro Paese, a partire dalla Torino, dei grandi geni dell’auto da Giacosa a Lancia, da Pininfarina a Bertone, da Giugiaro a Ghidella.

Sono d’accordo con lo Spiffero che se l’incontro dei delegati metalmeccanici si fosse tenuto nell’aula del Consiglio Regionale il peso politico delle cose dette sarebbe stato più importante e la Regione avrebbe valorizzato il suo ruolo nei confronti della azienda e dello Stato.

Con la nuova Commissione europea, quella che non piace alla Schlein, dovrebbe riaprirsi il discorso degli aiuti di Stato per una politica industriale che accompagni l’industria dell’auto verso il green nella neutralità tecnologica.

Negli ultimi tempi molti si sono convertiti agli incentivi ora vediamo cosa esce dall’assemblea dell’Anfia di mercoledì dove interverrà il Ministro Urso. Sono sempre più convinto che per rilanciare economia, lavoro e benessere a Torino occorra difendere l’industria dell’auto come abbiamo difeso la Tav.

*Mino Giachino, responsabile Trasporti FdI Piemonte

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