I trionfi (immaginari) di Meloni

Seguo con interesse i “Ludi Melonii”, i festeggiamenti di Giorgia Meloni alla guida da due anni del governo che si tengono ad Atreju al Circo Massimo in Roma, partiti subito con grande entusiasmo per i dati sull’occupazione. All’apertura della kermesse, i social di Fratelli d’Italia hanno infatti rilanciato un comunicato della Cgia di Mestre sull’aumento degli occupati negli ultimi due anni: 847 mila nuovi posti di lavoro, in maggioranza lavoratori dipendenti. E c’è pure la crescita dei contratti a tempo indeterminato, con conseguente calo dei lavoratori precari con un contratto a termine. L’eccitazione ha immediatamente contagiato decine di esponenti del partito della premier, a partire dalla sorella Arianna che ha commentato come il pieno di occupati e il deciso calo della disoccupazione giovanile sono la smentita della propaganda della sinistra che preannunciava disastri con la destra al potere.

Le sorelle Meloni e tutti i Fratelli giubilanti non hanno però letto la seconda parte dello studio della Cgia, lì dove è stata segnalata l’anomalia di una crescita dell’occupazione a cui non corrisponde una crescita economica. Dice il documento che il Pil, negli ultimi due anni, è stato molto contenuto e all’aumento dell’occupazione non è coinciso un incremento altrettanto importante della produttività del lavoro. Pertanto – spiega la Cgia – gli stipendi, che sono al di sotto della media europea, non crescono adeguatamente. La contraddizione è stata bellamente ignorata perché la narrazione del partito oggi al potere è chiara. I dati sul lavoro sono usati – nella parte che conviene – per dimostrare che il melonismo ha resto l’Italia la nazione più stabile d’Europa, mentre le due locomotive storiche Francia e Germania rallentano e faticano.

È il racconto di un riscatto immaginario: la cicala che si trasforma in virtuosa formichina. Questa idea rassicura molti, Giorgia lo sa e la rilancia di continuo. Forse bisognerebbe però andare più cauti con i trionfalismi propagandistici. Dei dubbi della Cgia di Mestre abbiamo detto, qualche giorno fa ci si è messa anche l’Istat a seminare inquietudine. L’Istituto nazionale di statistica ha dimezzato dall’1 allo 0,5percento la crescita economica del 2024. Inoltre, la produzione industriale è in picchiata da ventun mesi filati, guarda caso proprio in concomitanza dei due anni di governo di centrodestra.

Alle Sorelle e ai Fratelli d’Italia è inoltre consigliabile la lettura del rapporto “Prospettive per l’economia italiana nel 2024-2025”, pubblicato dall’Istat lo scorso 5 dicembre. A pagina 7 scopriamo che il boom dell’occupazione è finito: nella seconda parte del 2024 – sostiene l’Istituto – le prospettive sull’occupazione sono progressivamente peggiorate in tutti i comparti. La tendenza è confermata anche nei dati di novembre, che indicano un peggioramento delle attese sull’occupazione per manifattura, costruzioni e commercio al dettaglio, a fronte di un lieve miglioramento per i servizi di mercato. C’è poi una frase che dovrebbe raffreddare, e di parecchio, gli entusiasmi: “Nel corso del 2025 si prevede un rallentamento del tasso di crescita dell’occupazione”. Significa che il disallineamento tra lavoro e crescita economica convergerà verso la stagnazione.

Alla luce del quadro delineato dalla lettura complessiva del rapporto Cgia, dai dati Istat e da quelli dell’Osservatorio Inps sul mercato del lavoro (che hanno certificato come l’occupazione sia cresciuta nei settori a bassa produttività e a basso salario, ossia lavoro povero), andrei più cauto con i trionfalismi. Quando lo scollamento tra la propaganda e la realtà si fa troppo evidente, è poi difficile mantenere il consenso popolare.

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