Medici, non è (solo) questione di numeri

Stiamo da tempo assistendo ad allarmi relativi alla carenza di medici. Ma 10-20 anni fa i medici non erano troppi? Parliamo di programmazione? Una diversa lettura del problema deve portare ad ammodernare il sistema anziché piangere per ogni medico che va in pensione. Negli scorsi decenni l’Italia aveva un medico ogni 200 abitanti: troppi. Si è così creata una organizzazione medico-centrica, avocando alla figura del medico, oltre alle attività diagnostiche e terapeutiche, anche quelle assistenziali, attività che altrove in Europa sono di competenza infermieristica e tecnica. Ottima sanità, comunque.

Oggi è necessario rivedere una organizzazione in cui gli infermieri e i tecnici sono stati relegati a posizioni di secondo piano. Gli esempi. Mancano pediatri? La Pediatria territoriale (nei pochi Paesi dove esiste) deve agire in stretta relazione con l'ospedale, costituendo il vero filtro del pronto soccorso pediatri, sabato e domenica inclusi. Mancano chirurghi e ortopedici? Quanti chirurghi sono in sala operatoria per ciascun intervento? Siamo certi che un infermiere quale secondo o terzo al letto operatorio non significherebbe utilizzare al meglio il chirurgo, che ha studiato 10 anni per fare lo specialista? Mancano anestesisti? Siamo certi che occorra un anestesista per ogni sala operatoria? Un anestesista può coordinare un gruppo di infermieri di anestesia e intervenire nei casi gravi.

Mancano ginecologi? Le gravidanze fisiologiche nel Nord Europa vengono seguite dall’Ostetrica, non dal Medico ginecologo. Mamma e neonato sano devono andare a casa poche ore dopo il parto, senza impegnare medici e letti in giornate di ricovero forse inutili. Mancano in genere molti specialisti negli ospedali? Sono davvero necessari turni notturni per il cardiochirurgo o per il neurochirurgo, che mai interverranno in emergenza senza avere atteso l’arrivo da casa di infermiere di sala e strumentista? I chirurghi di queste specialità devono essere presenti in ospedale nelle ore di massima attività, non di notte. Siamo certi che un infermiere in ospedale non possa decidere la somministrazione di un farmaco prescritto dal medico “al bisogno”? Eppure oggi per un antidolorifico si chiama il medico di guardia. Mancano radiologi? I tecnici di radiologia devono avere accesso all’ecografo per analisi di primo livello, così come devono sostituire il medico alla console della risonanza. E riferire al medico specialista i casi particolari.

Mancano i medici di Medicina generale? Sì, mancano, sono meno che nel resto d’Europa, ma abbiamo troppi specialisti. Soprattutto manca il collegamento con l’ospedale, manca il filtro del sabato, dei festivi, delle notti, manca l’infermiere in ambulatorio, mancano ambulatori infermieristici, a cui l’assistito accede per le prestazioni di base, per la misurazione della pressione, per la reiterazione di ricette, per le prescrizioni di analisi periodiche stabilite dal medico, per il triage di patologie insorte da riferire al medico. Penso a un ambulatorio infermieristico che preleva e raccoglie campioni di sangue e urine e li invia direttamente al laboratorio di riferimento, senza inviare il paziente al laboratorio, domani, o lunedì se l’analisi servirebbe al sabato o alla domenica.

Non mancano e non mancheranno i medici. In Italia ci sono più medici, soprattutto specialisti, rispetto alla media Ocse. Mancano gli infermieri. Mancano l’idea e la capacità, ma soprattutto il desiderio di molti, di intervenire profondamente sulla organizzazione e sulla programmazione, coinvolgendo ordini e collegi, politici e sindacati, opinione pubblica (che deve riconoscere nell’infermiere il più vicino interlocutore professionale).

Manca la programmazione. Oggi, per sapere quanti medici fare entrare nelle scuole di specializzazione, si contano i pensionati per mantenere il numero costante. Questa non è programmazione. All’Università spetta la formazione degli specialisti e di infermieri e tecnici. Ma il numero di specialisti e infermieri e tecnici lo deve stabilire la Regione, sulla base della programmazione. Riorganizzato il numero di medici e di infermieri in relazione alle reali esigenze, si potrà parlare dell’aspetto stipendiale, gravemente basso per tutte le figure sanitarie pubbliche.

Programmazione, dunque, riconoscimento della professione medica e di quella infermieristica e tecnica, adeguamento degli stipendi, attenzione delle assicurazioni nel subire le elevatissime tariffe del privato, corretta individuazione delle funzioni del medico e dell'infermiere, migliore organizzazione aziendale, protocolli clinici che consentano di ridurre l’eccesso di prestazioni (medicina difensiva), affinché l’attuale numero di medici sia adeguato grazie all’inserimento di un elevato numero di infermieri, portando il rapporto medici/infermieri a livello dei Paesi progrediti (3-4 infermieri per ogni medico), allontanandosi dalla media di tale rapporto tipica dei Paesi meno sviluppati quali Grecia e Turchia (1-2 infermieri per ogni medico). 

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