Sovranisti solo a parole

Trovo piuttosto bizzarra l’amicizia tra la nostra presidente del Consiglio, il nostro ministro dei Trasporti ed Elon Musk. Il patron di Tesla, in teoria, dovrebbe essere agli antipodi etici di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Musk ha infatti ammesso pubblicamente di assumere stupefacenti ed è padre di undici figli avuti in gran parte con la maternità surrogata, reato universale per la legge italiana. Quello che a un comune cittadino italiano viene proibito, parrebbe invece tollerato al miliardario sudafricano. Ma non è questo il problema: Meloni e Salvini sono liberissimi di scegliere le amicizie che proferiscono, ci mancherebbe altro.

Ciò che trovo discutibile, da cittadino italiano, è che due come Meloni e Salvini, sempre lesti a dichiararsi patrioti e sovranisti, siano pronti – secondo quanto riportano diverse fonti, tra cui l’autorevole agenzia Bloomberg – ad affidare alla società di telecomunicazioni satellitari Starlink di Musk la gestione delle comunicazioni italiane a livello di istituzioni governative, di servizi d’intelligence e diplomatici. Non che l’idea di avere un sistema di comunicazione satellitare tetragono a eventuali attacchi esterni sia campata per aria. Nei moderni scenari di conflitto, le infrastrutture di telecomunicazioni sono un obiettivo primario: non a caso la Russia, nelle prime ore dell’invasione ucraina, si è subito preoccupata di mettere fuori uso i sistemi comunicativi di Kiev. Ecco, dunque, l’esigenza di dotarsi di un sistema satellitare che, a differenza delle strutture terrestri, è più difficile da danneggiare e garantisce una connessione stabile anche in zone critiche, come quelle dove è in atto una guerra o sotto il controllo di soggetti ostili. Un ottimo strumento, ad esempio, per le ambasciate e i consolati con sede presso nazioni in conflitto. Inoltre, i satelliti offrono maggiori garanzie rispetto ad attacchi che sfruttano l’accesso ai sistemi di telecomunicazione terrestri. È di pochi mesi fa il caso, smascherato in Slovacchia, di una ditta legata al governo bielorusso che sfruttava gli accessi degli internet provider locali per spiare le comunicazioni delle ambasciate occidentali presenti a Bratislava.

Se l’ambizione di implementare una piattaforma satellitare sicura e protetta ha quindi solide fondamenta, l’opportunità di affidarne la gestione a un’azienda statunitense, per di più legata a filo doppio a Trump, non pare proprio una grande pensata. Al di là della retorica sulla profonda amicizia tra Italia e Stati Uniti, va ricordato che la collaborazione tra agenzie d’intelligence all’interno della Nato è caratterizzata da una forte asimmetria. Gli Usa hanno dimostrato in più occasioni di considerare gli alleati come semplici vassalli, utilizzando spesso proprio la fornitura di materiale tecnologico come cavallo di troia per accedere direttamente alle informazioni sensibili dei Paesi amici.

Il punto è proprio questo: Starlink appartiene a un privato, Musk, legato politicamente a un altro Stato e a un uomo politico, Trump, che ha una visione della geopolitica a dir poco stravagante (vedi le recenti uscite sull’annessione delle Groenlandia o del Canada). Quale Paese affiderebbe la propria sicurezza militare e i segreti dell’intelligence a un’infrastruttura che non controlla? Quello governato da patrioti e sovranisti a chiacchiere, che nella realtà non vedono l’ora di accreditarsi alla corte del re dei tecnocrati di Washington.

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