Giovani violenti, non solo disagio

Un problema che riguarda la scuola, la famiglia e le istituzioni. Il fenomeno della delinquenza giovanile, comunemente noto come quello delle cosiddette “baby gang”, sta assumendo proporzioni allarmanti, tanto da diventare una vera e propria emergenza nazionale. È un problema che va affrontato con decisione e tempestività, prima che la situazione degeneri ulteriormente e diventi irrecuperabile.

Cosa intendo con questo? Molto semplicemente, la nostra società sembra essersi arresa di fronte all’escalation di violenza e criminalità giovanile, accettandola quasi con rassegnazione, senza mettere in atto una reazione adeguata. La microcriminalità, che in questo caso si manifesta attraverso bande di ragazzini che terrorizzano i cittadini, compiono atti vandalici e commettono reati, è ormai una piaga diffusa che necessita di un intervento serio e concreto. È impensabile continuare a tollerare questa situazione per paura di essere etichettati come autoritari, repressivi o, peggio ancora, anti inclusivi.

La decadenza dei valori fondamentali della nostra società è un problema che dovrebbe interessare tutti: dalla politica alle istituzioni, dagli intellettuali alla scuola, fino ad arrivare alle famiglie. Se continuiamo a ignorare il progressivo declino del senso civico e della legalità, rischiamo di ritrovarci un giorno con la barbarie letteralmente fuori dalla porta di casa. Ed è bene sottolineare un concetto essenziale: non c’è nulla di antidemocratico nel combattere l’ignoranza, l’inciviltà e il degrado etico della nostra società. Al contrario, è proprio nell’interesse della democrazia e della civile convivenza che questi fenomeni vanno contrastati con fermezza.

Ciò che desta maggiore preoccupazione è il fatto che esiste ormai una parte della gioventù che considera la violenza un valore, un mezzo di affermazione sociale e di controllo del territorio. Sono giovani che non rispettano le istituzioni, si mostrano aggressivi, privi di ogni senso di responsabilità e pronti a commettere atti criminali con una sconcertante naturalezza. Molti di loro provengono da contesti di degrado sociale, dove mancano punti di riferimento educativi e modelli positivi, e trovano nella brutalità una forma di identità e appartenenza.

Di fronte a questa situazione, non si può più restare inerti. Serve un’azione incisiva e strutturata per sottrarre questi giovani a un destino segnato dalla violenza e dalla devianza. L’unica soluzione possibile è quella di creare istituti di rieducazione, luoghi in cui questi ragazzi possano essere allontanati dall’ambiente criminale, ricevere un’istruzione adeguata e, soprattutto, recuperare quei valori essenziali che permettono la convivenza civile. Non si tratta di repressione fine a sé stessa, ma di un intervento mirato a offrire un’alternativa concreta a chi rischia di rimanere intrappolato in un circolo vizioso di delinquenza e marginalità. Continuare a far finta che il problema non esista o pensare che non ci riguardi direttamente significa condannare la nostra società a un futuro di insicurezza, paura e degrado. È ora di agire, prima che sia troppo tardi. 

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