La Crusca del direttore Asl

A ben leggere l’articolo de Lo Spiffero c’è da chiedersi se siamo già ad aprile o meglio al primo d’aprile (ma si potrà ancora usare questa locuzione nell’era woke?). L’Osella, direttor* generale della Asl To 5, a pochi giorni dal suo insediamento, dedica un’intera deliberazione (la 113 del 24/02/2025) per rendere esecutive le linee guida “per un linguaggio inclusivo e rispettoso” frutto di un impegnativo lavoro di ricerca con tanto di bibliografia, alla stregua di un’opera di alto valore letterario più che un documento da battaglia operativa! Lo sforzo cultural-bocconiano con tanto di sfoggio di erudizione da laurea breve, ci distoglie – solo per un attimo per fortuna – dalla “macelleria quotidiana” della sanità (liste d’attesa interminabili, strutture obsolete, personale sfinito) – e confina il cittadino normale nel ruolo gattopardesco del Don Fabrizio Salina (osserva il mondo che cambia solo in superficie mentre, in realtà, tutto rimane drammaticamente uguale!).

Un atto del genere, in un momento così critico per la sanità, non solo rischia di essere percepito come una distrazione dalle vere priorità (come dichiarato nelle premesse dal poco cauto amministratore) ma dovrebbe anche attirare l’attenzione della Corte dei Conti, considerando l’uso distorto di risorse pubbliche per un’iniziativa di dubbia urgenza. Come diceva Blaise Pascal: “L’uomo è tanto grande che la sua grandezza appare anche nel fatto di sapere di essere miserabile”.

Forse, questa iniziativa avrebbe voluto dimostrare grandezza, ma sottende tanta “miserabilità” nel trascurare i problemi fondamentali. È assai meglio che il personale amministrativo dell’Asl si dedichi fornire le basi logistiche per l’azione di cura, o meglio di prevenzione piuttosto che esercitarsi a mo’ di ambulante di mercato rionale “della Crusca”. Il livello di ironia paradossale non è più accettabile quando si scopre che il direttore generale, nel tentativo di valorizzare le sue linee guida con esempi, solo per lui chiarificatori, declama – con un errore non trascurabile – che il termine “extracomunitario” non è inclusivo, in quanto “nessuno chiamerebbe così un francese”. Il Dg ha informazioni inedite sul fatto che Macron stia progettando di portare la Francia fuori dall’Unione Europea? In un momento internazionale di rapporti tesi, un’affermazione del genere potrebbe persino, se fossimo tutti del calibro di quella Direzione Asl, creare imbarazzo al Presidente del Consiglio.

È assai evidente la differenza di leadership con un altro Dd (Città della salute) che nel brevissimo periodo dal suo insediamento, ha invece adottato un approccio decisamente più pragmatico. Questi ha richiamato il personale sanitario al rispetto di regole generali di igiene, come il divieto di fumo e l’attenzione all’igiene delle divise, per contrastare le infezioni correlate all’assistenza (Ica). Un intervento mirato e concreto, che dimostra una chiara comprensione delle priorità operative e un impegno diretto a migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria. Deliberazione che, in questo caso, conoscerà contrapposizione sindacale per questioni logistico-operative ma con inequivocabile fine essenziale di sanità pubblica!

Qui va in scena la classica domanda: se fossi una/un Os dove vorrei davvero lavorare? A Torino, dove i turni massacranti mi porterebbero a effettuare visite persino di notte o nei giorni festivi, ma con l’impressione di contribuire a qualcosa di utile? Alla Città della Salute, dove il cambio divisa a ogni pausa bagno diventerebbe un esercizio atletico più che una misura di igiene? O a Moncalieri, dove, oltre a fare il mio lavoro, dovrei stare attenta/o a quello che dico, sapendo che a scuola, a casa e in auto mi è concesso un linguaggio più “colorito” di quello imposto ora dal nuovo Dg e da tutto il suo aureolato staff? Si può dire che a Moncalieri il personale sanitario oltre a doversi destreggiare tra carichi e turni di lavoro dovrà subire una formazione esclusiva sulle nuove linee guida “woke” con tanto di consulenti/docenti esterni profumatamente stipendiati? Il risultato sarà che, invece di avere personale sanitario addestrato su competenze pratiche e uniformi, si creano divergenze così marcate da rendere difficile persino lo scambio di personale tra le diverse sedi? Il prossimo bando di mobilità per il personale della Asl porrà come pregiudiziale il superamento di un corso accreditato sulla capacità di interloquire in modo inclusivo? O che il Dg le avrà pensate tutte? Anche di istituire un nucleo di vigilanza sul rispetto di queste nuove regole?

Chi sta nel suo circolo magico dice che non esce dall’ufficio, fa le ore piccole e non riceve, al momento, nessuno tanto l’è tutto affaccendato a scrivere il disciplinare sanzionatorio con la graduazione dei provvedimenti a seconda della gravità dell’offesa. Benigni, rifacendosi al sommo Dante Alighieri, direbbe: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” (Inferno, Canto XXVI), rammaricandosi così per la deriva eretica che affligge il sistema sanitario dopo la modifica dell’articolo quinto della Costituzione. Forse non è solo la “diritta via” di Dante quella che si è smarrita, ma anche il buon senso e financo la dignità.

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