Che figura da ciaparat!

A l’è propri bel, neh? Io di mestiere faccio il saldatore (in una boita) ma mi sono accorto da tempo che la sanità è come una barca che fa acqua da tutte le parti. Leggo con piacere lo spiffero perché mi fa capire cosa succede ogni giorno agli alti vertici. Nonostante tutto, scoprire, ieri sera grazie a voi, che c’è chi si mette a scrivere linee guida sul linguaggio inclusivo negli ospedali mi ha fatto subito sorridere ma poi anche un po’ pensare. Ma se han tempo per queste cose, vuol dire che in quell’ufficio lì c’è più gente che sedie, e magari anche tanta noia.

In officina, se c’è un buco in una saldatura, non ci mettiamo a discutere in 4 o 5 se chiamarlo “foro” o “apertura inclusiva”. Uno di noi, senza tante discussioni e incarichi speciali prende la maschera, accende la saldatrice e sistema subito tutto. Punto. E invece qui pare che abbiano deciso di fare i poeti dell'ossobuco, mentre fuori ci sono liste d’attesa che non finiscono tanto sembrano la coda per il pane durante la guerra.

E poi, ‘sta storia dell’“extracomunitario” che non sarebbe inclusivo perché nessuno chiamerebbe così un francese… Che autogol!  Non voglio pensare che il direttore generale abbia firmato una delibera senza leggerla o che passi le sere al bar parlando di spriztpolitica. C’è rischio forte che uno così faccia davvero carriera nella sanità. In officina, da noi, potrebbe dirigere la compagnia dei burattini e fare di mestiere il cuntabale! Si, diciamocelo senza vergogna, se uno non legge neanche quello che firma, cosa dirige davvero? Un circolo di dilettanti allo sbaraglio che poi dovrebbe garantirci le cure d'urgenza.

Ma caro diretur, mio papà mi ha sempre detto, A l’è mej nen fé gnente che fé na figura da ciaparat. Voglio dire a tutti i medici e a tutti gli infermieri (uomini o donne) che lavorano tutto l’anno sotto questo bel direttorino d'orchestra: dobbiamo rispettarvi due volte, per le cure e per il fuoco amico. Vi voglio bene ancora più bene, grazie! 

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