Più che i tagli, sprechi e inefficienze
Andrea Mantegna 14:53 Sabato 29 Marzo 2025 0
È veramente apprezzabile che si ponga sotto lente il Servizio sovrazonale di epidemiologia del Piemonte, sollevando interrogativi fondamentali sull’utilizzo delle risorse sanitarie regionali, soprattutto in relazione ai tagli che rischierebbero di compromettere attività essenziali come il monitoraggio epidemiologico.
Non si può tacere che la situazione attuale ci obbliga a riflettere su una questione più ampia che molti cittadini da tempo osservano: a fronte di una situazione di sanità di necessità e di urgenza in netta difficoltà, si assiste la presenza di personale e uffici nel Servizio Sanitario Nazionale dedicati a servizi specificatamente non essenziali. Questi, spesso, risultano duplicati in modo superfluo su più territori, creando dispersione delle già limitate risorse disponibili. Tali duplicazioni non solo gravano sui bilanci pubblici, ma compromettono l’efficienza e la capacità di risposta alle vere priorità sanitarie. E se a tutto ciò si aggiunge che, in ambito sanitario, le direzioni stesse dedicano risorse addirittura per stilare documenti (nel momento di urgenza in cui versiamo) superflui se non addirittura grotteschi. Mi riferisco a titolo emblematico quello lussuoso deliberato da un Direttore generale sul linguaggio inclusivo a cui dovrebbe adempire il personale di una Asl!
Volendo rimanere sul tema dei tagli in sanità pubblica, occorre evidenziare come la raccolta e l’analisi dei dati epidemiologici, di per sé fondamentali, non abbiano portato a nulla di concreto (almeno così pare) per una vera riorganizzazione e programmazione sanitaria in termini di gestione oculata. Invito chiunque abbia il tempo a leggere i piani sociosanitari degli ultimi anni. È facile rendersi conto della mancanza di programmi concreti e incisivi in essi contenuti. È un’accozzaglia di paroloni, ridondanti, con obiettivi di per sé anche interessanti, la cui effettiva ricaduta sulla popolazione non è mai assolutamente misurabile. Una seria analisi dei costi metterebbe in luce l’enorme quantità di denaro disperso in gruppi di lavoro sovradimensionati e la presenza di personale impiegato in attività del tutto infruttuose. Non esistono, infatti, KPI (Key Performance Indicators) in grado di quantificare e misurare con precisione le performance di queste attività. O meglio, nessuno dei tanti componenti di questi solonici gruppi di lavoro ha mai pensato di verificarne l’efficacia. Se si pensi poi che tutto questo personale soggiorna, per una percentuale sensibile del proprio tempo lavorativo, in corso di formazione o in ore di relazione o dotte docenze, si comprende quanto spazio è lasciato a inefficienze e sprechi.
A tutto ciò si aggiunge il sovradimensionamento e l’eccessiva spesa legati a molti altri servizi logistici del Servizio Sanitario Nazionale. Un approccio più razionale richiederebbe di affidare, non alla politica ma a un’agenzia esterna qualificata, come esperti “veramente” in ingegneria gestionale, una revisione severa e sistematica di tutto il comparto logistico che corre in parallelo alla cosiddetta parte “tecnica-sanitaria” (di corsia, per intenderci). I risultati, nel brevissimo periodo, sarebbero davvero sorprendenti, un po’ come svegliarsi in un mondo nuovo.
In ambito di ingegneria gestionale avanzata, un principio chiave da applicare è quello della “lean management”, secondo cui il valore di un’organizzazione si misura esclusivamente in base all’efficienza dei suoi processi e al beneficio diretto che genera per i cittadini. Il superfluo, ovvero ogni processo che non contribuisca al valore finale, deve essere eliminato, indipendentemente da chi o cosa lo abbia introdotto. Questo approccio potrebbe rivoluzionare il sistema, mettendo in discussione prassi consolidate ma inefficaci e favorendo una gestione realmente orientata alla performance, non ai compromessi politici.
Un esempio concreto e particolarmente semplice di questa filosofia può essere osservato nell’operato recente del nuovo direttore generale della Città della Salute. È questo un caso talmente straordinario in quanto sembra (al momento?) non rispondere agli interessi politici. Questo Dg è intervenuto, a costo zero, su questioni fondamentali e, da tanti, trascurate: il rispetto delle regole basilari di igiene, come l’uso corretto della divisa del personale sanitario e il lavaggio delle mani, pratica che dovrebbe essere insegnata fin dalle scuole elementari e, darsi per ampiamente consolidata. in ambito universitario. Nonostante la semplicità e l’essenzialità di queste iniziative, che rappresentano la vera prevenzione contro le ICA (Infezioni Correlate all’Assistenza), il Dg ha subito una forte opposizione da parte di molti, eccetto che da parte dei cittadini comuni, che invece hanno accolto con sorpresa e approvazione tali interventi. Si pensi che la gestione corretta delle divise è imposta (e anche sanzionata) tanto nelle strutture sanitarie private quanto, perdindirindina!!, anche nei supermercati perfino di periferia.
Ed è proprio qui che emerge un dato inquietante: i servizi di prevenzione ed epidemiologia, che dovrebbero essere il cuore di una programmazione sanitaria efficace, in tutti questi anni non hanno rilevato né sollevato questo problema fondamentale. Non è forse questo un chiaro indicatore di inefficienza? Non meriterebbe una severa indagine, condotta senza alcuna protezione politica, per capire dove e come queste strutture abbiano fallito nel loro compito primario?
Come disse Carlo Levi ne “Cristo si è fermato a Eboli”: “Le case crollano, e nessuno se ne accorge. La rovina è nelle cose”. Questa frase ben rappresenta lo stupore che la cittadinanza proverebbe di fronte a una revisione ben fatta e al contempo richiama l’inefficienza del sistema attuale, troppo spesso ostaggio della politica e delle sue lentezze.
Riguardo ai “due mondi” che caratterizzano il sistema sanitario – quello ufficiale fatto di proclami e quello reale dove inefficienze e sprechi sono sotto gli occhi di tutti – si può riflettere attraverso due citazioni emblematiche. Una prima, quella di Victor Hugo, autore francese, che in “I Miserabili” scrive: “C’è una vista più alta che l’occhio umano. È il cuore”. Una denuncia alla disconnessione tra l’apparenza del sistema e la vera realtà che i cittadini percepiscono. E la seconda, quella di Lev Tolstoj, autore russo, in “Guerra e Pace” che molto semplicemente scrive “Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare sé stesso”. Questa frase sottolinea l’incapacità del sistema politico e gestionale di riconoscere le proprie inefficienze e lavorare su di esse.
Non è forse anche giunto il momento di affrontare con decisione il “troppo poco attenzionato” (lo dico con una vena accentuata di sarcasmo) tema della progressione delle carriere, in particolare quelle non sanitarie all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. È necessario garantire che gli avanzamenti avvengano realmente per meriti e capacità (non solo tecniche ma anche gestionali) ponendo fine, una volta per tutte, alla progressione meramente clientelare che ancora oggi caratterizza molti livelli del sistema. Questo problema è particolarmente evidente anche nelle nomine dei direttori generali, troppo spesso scelti in base alla loro vicinanza politica piuttosto che alle loro competenze. Per una volta, recentemente, è stato designato un direttore generale che sembra non rispondere alla politica: il Dg della Città della Salute. Tuttavia, resta da vedere quanto sarà ostacolato nel suo operato e quanto lunga sarà la sua vita professionale in una regione dove non solo la politica tende a influenzare pesantemente ogni decisione gestionale.
Quale invito alla riflessione e al cambiamento, propongo questo semplice messaggio: “Un sistema sanitario che non valorizza le diversità e le capacità di ogni individuo perde l’occasione di essere realmente al servizio di tutti”. Una citazione inclusiva che sottolinea quanto sia cruciale per il progresso abbracciare equità e meritocrazia. E dal mondo della Nuova Zelanda, un proverbio Maori: “He aha te mea nui o te ao? He tāngata, he tāngata, he tāngata” (Qual è la cosa più importante al mondo? Sono le persone, le persone, le persone.). Se è vero che le persone sono la cosa più importante al mondo, è altrettanto vero che, per tutelarle al meglio, è fondamentale che ai ruoli di comando e gestione siano scelte persone giuste, oneste, capaci e libere da influenze di ogni ordine e grado. Ma, c’è un ma! Per garantire un autentico progresso, queste persone devono essere valutate in modo trasparente e resa pubblica la loro capacità di operare e gestire in maniera efficace. Questo principio dovrebbe essere applicato a tutti i funzionari con responsabilità gestionale, ponendo veramente il bene comune al centro di ogni decisione e azione.
Caro Direttore, spero che Lo Spiffero voglia approfondire queste tematiche, favorire un dibattito pubblico tanto da stimolare davvero le istituzioni a riconsiderare le loro scelte e a promuovere una gestione delle risorse più oculata e responsabile. Almeno voglio continuare a credere che ciò si possa, prima o poi, realizzare.