Gentile e la parodia della storia

In Italia, tutti gli anni, in prossimità della ricorrenza del 25 Aprile, un manipolo di sostenitori dei partigiani e uno di nostalgici del Duce, nati entrambi diversi anni dopo la fine della guerra, ripropongono una patetica parodia della guerra civile che ebbe luogo tra il 1943 ed il 1945. Fortunatamente, salvo alcune scaramucce di piazza, oggi la guerra civile tra partigiani e nazifascisti la combattono editorialisti, intellettuali e qualche politico, non usando le armi degli originari contendenti ma le parole scritte sui giornali.

La festa nazionale del 25 aprile, su iniziativa del presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi, fu sancita nel 1946 con un decreto del principe e luogotenente d’Italia Umberto II di Savoia che al contempo soppresse due festività legate al regime fascista: l’anniversario della Marcia su Roma (28 ottobre) e la fondazione dell’impero (9 maggio). Il 25 aprile divenne la “Festa della Liberazione”, una delle poche ricorrenze laiche del nostro calendario, e significò non soltanto la fine della guerra ma anche la celebrazione dell’importante valore che ebbe il movimento partigiano nella lotta contro l’oppressione nazifascista.

Su questo tema Carlo Verdelli, un vero e puro “post-partigiano”, scende in campo per combattere, come Don Chisciotte contro i mulini a vento, la sua personale lotta partigiana contro il fascismo. Verdelli, dopo aver elogiato i partigiani che molto contarono nel “fare dell’Italia una nazione indipendente e con una Costituzione costruita su misura per proteggere la neonata democrazia da ritorni di fiamma”, si scaglia contro il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che ha difeso la richiesta di Fratelli d’Italia di intitolare una rotonda di Firenze a Giovanni Gentile, “ideologo di spicco e spessore del fascismo”. Verdelli si schiera quindi con la sindaca di Firenze, Sara Funaro, che ritiene una provocazione il riconoscimento a Gentile.

Qualche giorno prima il ministro Giuli aveva dichiarato: “Che a Giovanni Gentile venga intestato un luogo pubblico nella città di Firenze – dove il filosofo è stato ucciso dai Gap proprio il 15 aprile, del 1944 – è un fatto di pura laicità politica e culturale. Gentile eccede le ideologie ed è il momento di riconoscere che la sua statura è quella di un classico. Gli istituti da lui fondati costituiscono un patrimonio culturale universalmente riconosciuto: l’Enciclopedia italiana, di cui quest’anno si è festeggiato il centenario, l’Istituto di Studi Germanici, di cui fu primo presidente nel 1932, l'Istituto Italiano di Studi per il Medio ed Estremo Oriente e poi la riforma scolastica del 1923, la quale, con i necessari aggiornamenti, ha retto il sistema educativo italiano fino ad oggi. La filosofia gentiliana inoltre è stato uno spazio pensante e originale dell’hegelismo, rielaborata da filosofi liberalsocialisti e marxisti che hanno riconosciuto il debito teorico con il padre dell'Attualismo. (…) Negare oggi a Giovanni Gentile l’intitolazione di un luogo pubblico è dunque un atto neoprimitivo, significa rifiutarsi di storicizzare, vuol dire negare la cultura e sottometterla all’ideologia”.

Verdelli, che è laureato in filosofia, sa di certo che Giovanni Gentile è stato, e continua ad essere molto stimato: Benedetto Croce, lo considerò uno dei più grandi filosofi italiani del suo tempo, gli riconobbe un’enorme forza speculativa pur rigettando, in netto contrasto filosofico e politico, le sue posizioni su il fascismo e l’idealismo assoluto; Emanuele Severino, pur criticando il suo “attualismo”, stimava la potenza sistematica del pensiero gentiliano considerandolo coerente e radicale e da prendere molto sul serio nella storia della filosofia; Augusto Del Noce, filosofo cattolico e storico del pensiero, vide in Gentile un esponente autentico di una “filosofia della spiritualità” e, pur criticandolo da un punto di vista teologico, ne apprezzò la profondità speculativa e l’importanza storica; Franco Volpi e Gianni Vattimo, pur non condividendo le sue tesi, ne hanno riconosciuto la grandezza come pensatore e la centralità come rappresentante del pensiero italiano del Novecento. Maurizio Ferraris, uno dei più importanti e influenti filosofi italiani contemporanei, pur non condividendo le sue posizioni filosofiche, riconosce, nell’ambito del panorama storico, il valore intellettuale di Gentile e anche il filosofo e psicologo Umberto Galimberti non demonizza Gentile, ma lo analizza con lucidità critica, riconosce il genio filosofico e la forza del suo sistema idealista, denunciane i rischi etici e politici, soprattutto quando l’atto pensante si assolutizza e non lascia spazio all’altro, alla differenza e al limite.

Se veramente ci consideriamo democratici e di “larghe vedute”, ritengo che saper riconoscere i meriti di una persona come il filosofo Giovanni Gentile, anche se non se ne condividono tutte le idee, sia un atto di grande maturità ed onestà intellettuale che apre le porte a quella comprensione necessaria a saldare i giusti compromessi tra le diverse sfaccettature dei “popoli” ed a consentire la realizzazione di quell’unione Europea che da tanto tempo si sta rincorrendo!

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