Cremazioni, contrari alla proposta Cerutti

Gentile direttore,
mi permetto di raggiungerla dopo aver letto la ricostruzione di presunti miei interventi finalizzati a promuovere un emendamento di “deregulation” del settore crematori. Sono costretto a chiedere di pubblicare la posizione del Gruppo che rappresento in quanto totalmente avversa ai contenuti dell’emendamento firmato dal Consigliere Cerutti e totalmente estranea rispetto alle dinamiche dell’attività dello stesso Consigliere. Non solo quindi non c’è “il mio zampino” (citando l’articolo…) nell’iniziativa emendativa, ma la mia posizione è assolutamente contraria a quest’ultima.

La proposta di revisione dei criteri del Piano di Coordinamento per la realizzazione di nuovi impianti nella Regione Piemonte contenuta nell’emendamento ipotizza delle nuove soglie che non risultano sostenibili nella realtà; si pensi che il breakeven point economico-finanziario di un impianto di cremazione si aggira intorno alle 1.000 cremazioni annue: al di sotto di quel numero l’attività dell’impianto non garantisce redditività. La soglia individuata nell’emendamento in questione individua quale “criterio di efficienza” “almeno 200 cremazioni all’anno” risultando totalmente al di fuori di ogni parametro realistico e sostenibile nell’ottica del raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario di una attività crematoria: non è questa una considerazione “soggettiva”, bensì un dato “oggettivo” che può essere verificato dall’analisi dei bilanci delle società concessionarie. Anche la distanza minima di 3 chilometri tra un impianto e l’altro è un criterio quantomeno “fantasioso” che non può rientrare in una attività di corretta e puntuale pianificazione a livello regionale.

La posizione dell’azienda che ho l’onore di rappresentare (leader in Italia nel settore delle cremazioni) è quindi diametralmente opposta e sposa, ad esempio, i pareri negativi inoltrati da Federcofit e Sefit-Utilitalia. Come cita Federcofit, la ratio dei Piani di Coordinamento è quella di pianificare la realizzazione di impianti nei diversi territori regionali in modo da evitare la proliferazione degli stessi; proliferazione che comporterebbe una serie di effetti negativi: dal punto di vista dell’equilibrio economico finanziario delle concessioni attive e/o delle attività svolte direttamente dai Comuni con il rischio di gestire attività in perdita e di non ripagare gli investimenti pubblici e/o in PPP effettuati dal punto di vista dell’efficienza garantendo un numero minimo di cremazioni che consenta il miglior utilizzo dei forni con minori consumi e migliori emissioni in atmosfera dal punto di vista della salvaguardia della qualità del servizio pubblico che, in difetto di programmazione, potrebbe diventare terreno di competizione aggressiva e poco rispettosa dei principi etici alla base dell’attività cremazionista.

La Regione Piemonte ha adottato il suo Piano di Coordinamento nel 2011 utilizzando i medesimi criteri già adottati in precedenza dalla Regione Lombardia, prima Regione a legiferare in tal senso in ossequio alla Legge 130/2001; criteri che sono poi stati adottati, in quanto efficaci, da Piemonte, Veneto e Liguria, ad esempio: almeno 1.200/1.300 cremazioni annue per linea di cremazione, un bacino di riferimento di almeno 5.000 decessi annui (pari a circa 500.000 abitanti), la distanza minima di 50 km rispetto ad impianti già operativi.

L’intento delle Regioni del Nord è stato quindi quello di adottare criteri uniformi, seppur nel rispetto delle diverse peculiarità territoriali, al fine di rendere omogenea la distribuzione di nuove strutture sul territorio di riferimento. La fotografia prodotta da Sefit-Utilitalia evidenzia come in Piemonte siano operativi 13 impianti di cremazione per un totale di 22 linee di cremazione che garantiscono un potenziale di circa 75.000 cremazioni annue. Le cremazioni effettuate oggi in Piemonte sono circa 32.000 e di queste circa 10.000 provengono da altre Regioni (principalmente Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna); come citato dalle associazioni di categoria, i numeri evidenziati non giustificano quindi una revisione dei criteri del Piano di Coordinamento, “ma se anche questa fosse ritenuta necessaria l’individuazione dei criteri dovrebbe essere ponderata rispetto alle caratteristiche tipiche del servizio ed a valutazioni economico-finanziarie, sociali ed ambientali che non possono essere ignorate”.

Non mi dilungo su ulteriori considerazioni tecniche che interessano a pochi addetti ai lavori; evidenzio in conclusione come il gossip politico disegni spesso scenari che nulla hanno a che vedere con la realtà dei fatti: è questo il caso per le ragioni elencate.

La ringrazio per l’ospitalità.

*Michele Marinello, presidente Altair Funeral srl

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