Leggere i dati per fare scelte strategiche

Per i politici capire bene i dati dell’economia è come per un bravo medico capire bene le analisi del sangue o le ecografie. È una dote che a Torino negli ultimi venticinque non ha brillato molto in chi ha amministrato la città. Dal quotidiano della grande azienda al sindacato, affascinati dalle giunte cosiddette progressiste, tutti a cantare le lodi di tre piani decennali strategici ma mai verificati con bilanci consuntivi, come fanno invece i manager nelle loro aziende. Avrebbero dovuto farlo i tanti presidenti delle associazioni, ma le tentazioni delle nomine nelle fondazioni alcune volte ha velato lo sguardo. Poi ci sono quelli che invece non vogliono guardare i dati per non aprire discussioni o per non disturbare. Ad esempio, l’Ires da 12 anni non pubblica più la slide che fa vedere il confronto tra l’economia piemontese e quella nazionale.

Il pil piemontese, condizionato dalla bassissima crescita dell’economia torinese, da venticinque anni cresce meno della media nazionale. L’unico attento a questo dato, oltre al sottoscritto, è il presidente della Regione Cirio, forse perché nel cuneese i conti sono abituati a farli. Il nostro pil in questi anni non è crollato solo grazie al buon andamento delle esportazioni, ma le esportazioni sono legate alle vendite all’estero delle auto e dell’indotto oltre al buon andamento dell’enogastronomia, delle macchine utensili e del tessile.

Come ci ha ricordato il Sole 24 ore un terzo delle esportazioni è trainato dalle aziende estere presenti sul nostro territorio arrivate qui negli anni perché avevamo un sistema economico forte e alla avanguardia (Fiat, Olivetti, Sip, centri di ricerche internazionali), un sistema autostradale ben ramificato.

Il turismo cresciuto molto dopo le Olimpiadi ha coperto solo una parte del calo della manifattura che Torino non ha difeso o saputo difendere come in altre realtà italiane o estere. Ma a Torino come ci hanno detto gli ultimi due arcivescovi, Nosiglia e Repole, è cresciuto il lavoro povero e come ci ricorda ogni settimana la Caritas sono aumentate le famiglie italiane indigenti. È chiaro che il turismo, un settore molto importante e sui cui i sindaci hanno puntato molto, è cresciuto ma non è stato in grado di rimpiazzare ciò che stavamo perdendo nell’industria.

Il dimagrimento dell’industria dell’auto, senza che si facessero scioperi, ha favorito la fuga all’estero dei neolaureati come denunciammo dal palco della grande manifestazione a difesa della Tav del 10 novembre 2018. Che a Torino non ci fosse consapevolezza del declino lo dimostra che la manifestazione Sì Tav che organizzai con la collaborazione delle madamin la decidemmo insieme alla Unione Industriali e solo successivamente vi aderirono le altre associazioni. Il presidente Cirio fu l’unico che ci riconobbe il merito quando disse che noi riuscimmo a fare per la Tav ciò che non erano riusciti a fare i partiti. Purtroppo, la scarsa attenzione all’importanza delle infrastrutture è proseguita di fronte al disastro del sistema autostradale ligure piemontese e alla chiusura del Traforo del Bianco. Le esportazioni sono fondamentali per il pil piemontese: lo si vede da un dato, il Piemonte produce l’8% del pil nazionale ma arriva a quasi il 10% delle esportazioni italiane.

Paghiamo la continua diminuzione di produzione delle auto, azzoppata da una decisione europea voluta e sostenuta dalla nostra sinistra e dal sindaco. Il dato non sottolineato dai più è che mentre l’economia torinese vale il 55% di quella regionale, la quota di esport dell’economia torinese sul totale regionale vale solo il 43,7% ed è diminuita del 5,4 mentre l’esport regionale è diminuito del 3,5. È l’area torinese quella più in difficoltà. In altre regioni organizzano gli Stati Generali per discutere cosa fare e tirarsi su le maniche, qui il sindaco non va neanche ai Consigli comunali e i giornali zitti.

Mi diceva Mario Berardi che prima di Castellani quasi ogni settimana in Consiglio Comunale si discuteva dell’andamento della Fiat. Oggi sul giornale si parla della Festa di S. Giovanni targata Fiat e di John che va a dare la carica ai giocatori della Juve. Quelli che non hanno capito le conseguenze di non difendere il settore auto ora giustamente si dedicano al futuro da progettare ma faccio notare che la metà della città che stava male nel 2021 (secondo la definizione di mons. Nosiglia) oggi sta peggio.

In conclusione, sottolineo la grande importanza delle esportazioni per il nostro pil e per la nostra occupazione. Senza le esportazioni avremmo un pil in rosso e saremmo più poveri. Difendere l’industria e la sua competitività vuol dire difendere le nostre vendite all’estero. Difendere l’industria e la sua competitività ci consentirà di avere nel nostro territorio aziende innovative che fanno ricerca e che per far tutto questo hanno bisogno di ragazze e ragazzi laureati nelle discipline scientifiche. Soprattutto ora che il Governo ci ha assegnato il Centro per la Intelligenza artificiale legato al settore auto e della mobilità. Ma tutto questo senza i collegamenti internazionali sarebbe strozzato. Ecco perché sottolineo ancora l’enorme importanza della Tav e la gravità del ritardo dei lavori.

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