Ma è questa la politica?
Ettore Mascellani 17:37 Mercoledì 25 Giugno 2025 0
Nessuno può mettere in dubbio che stiamo vivendo tempi difficili. Ogni giorno guerre e massacri sulle prime pagine dei giornali e alla tv, altre guerre e massacri che non meritano di finire sui giornali e in tv, guerre commerciali che impoveriscono quelli che hanno poco e ingrassano gli utili della grande finanza, crisi climatica messa in disparte perché nuoce all’economia, tanti che sono sempre più poveri e pochi che sono sempre più ricchi, paesi in cui si muore di fame ed altri in cui c’è il problema dell'obesità, sempre più armi che, per poi avere la scusa di produrne altre, bisogna in qualche modo usare. L'elenco potrebbe essere lungo, ma per me basta e avanza per dimostrare che non vi è la minima preoccupazione per migliorare le condizioni di vita non solo degli uomini (tutti, non solo pochi), ma dell'intero pianeta, che è l'unico che abbiamo.
Ora la domanda: chi dovrebbe preoccuparsi di far finire le guerre, di eliminare la fame sul pianeta, di difendere l'ambiente, di eliminare le disuguaglianze, di garantire a tutti giustizia contro i soprusi? La risposta è ovvia: la politica! Viene quasi da ridere pensando a chi sono attualmente i politici più influenti. La saggezza dei vecchi diceva: il pesce puzza dalla testa. Ma, siamo onesti, la colpa non è loro se non in minima parte: si trovano in posizione di prestigio e potere e ne approfittano. La colpa è di tutti noi, che abbiamo permesso che vadano ad occupare quei posti. I disastri di chi governa li abbiamo sotto gli occhi, ma qual è l'alternativa?
Vista l'esperienza degli ultimi decenni, chi oggi si veste di indignazione e si lancia in retoriche filippiche non è che, quando era al governo, abbia fatto molto meglio. Nessuno pensi di poter lanciare la prima pietra: i problemi di oggi hanno radici antiche. In tutto questo marasma non si sente una voce che proponga qualcosa di credibile. Forse sarò semplicista, ma mi sembra che tutto possa essere ricondotto a due semplici verbi: confrontarsi e collaborare.
Oggi viviamo il mondo del confrontarsi: ci confrontiamo per accaparrarci quante più risorse del pianeta possiamo, ci confrontiamo per garantire alla nostra economia di essere la più ricca, ci confrontiamo per dimostrare di essere i più forti. In altre parole, la ragione non dipende dalla giustizia ma dalla prevaricazione.
Il mondo che vorrei è quello della collaborazione. Collaborare vuol dire che le risorse vanno ridistribuite tra tutti, collaborare vuol dire rinunciare a qualcosa affinché altri possano avere qualcosa, se si collabora lo sviluppo della scienza e della tecnologia è per tutti, non per pochi, collaborare vuol dire che a ogni popolo è garantito uno Stato in cui vivere secondo la propria cultura e le proprie tradizioni…
Oggi il teatrino della politica del confronto è strapieno di prime donne e di guitti da strada. E quello della collaborazione? Nel poco frequentato e cadente teatrino della collaborazione cosa troviamo? Un buon pretino vestito di bianco che vive a Roma, una ragazzina mezza matta del Nord Europa con qualche altro amico fuori di testa, un economista francese con pochi amici e la fissa di consumare di meno, un profugo del Tibet e pochi altri. Tutta gente che, come diceva Stalin, non sono in grado di mettere in campo neanche una divisione.
Purtroppo non c'è un politico che faccia proposte che vadano oltre le prossime elezioni. Eppure la politica dovrebbe essere quella cosa che realizza l'utopia, ed oggi l'utopia della collaborazione è quanto di più bello possiamo augurarci.