Perdere tempo nelle giuste cause
Alfredo Quazzo 10:14 Sabato 11 Ottobre 2025 0
La nostra vita è limitata nel tempo: l’Uomo nasce e poi muore. Non è una opinione ma una certezza assoluta che determina tutti i nostri comportamenti. Se avessimo infinito tempo potremmo fare infinite cose, intraprendere infinite e differenti scelte, sbagliare infinite volte per poi recuperare infinitamente. Nel nostro mondo reale, invece, dobbiamo “pesare” il tempo attraverso una “lista di priorità” in cui si rispetti il principio enunciato dal filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679), “primum vivere, deinde philosophari” (prima si pensi a vivere, poi a fare della filosofia).
Per definire in modo efficace ed efficiente una “lista di priorità”, uno dei metodi più utilizzati è quello che si basa sul Principio di Pareto (l’ingegnere Vilfredo Pareto,1848-1923, è stato uno dei maggiori economisti e sociologi italiani). Il principio di Pareto afferma che: circa il 20% delle cause provoca l'80% degli effetti. Applicando il principio di Pareto, che per fortuna non ha nessuna collocazione ideologico-politica, ho provato a verificare se è più produttivo ed efficace spendere risorse in manifestazioni, scioperi e costose iniziative, come la Flotilla, per denunciare la situazione dei palestinesi di Gaza (oggetto di massacro da parte dello Stato di Israele) oppure impiegare tali risorse per “stimolare” il governo italiano a prendere provvedimenti esecutivi per consentire ai cittadini di fruire, in tempi e modi opportuni, di esami clinici, come, ad esempio, la Pet.
Gli scioperi e le manifestazioni, spesso vandaliche e violente, registrate in questo periodo, hanno preso il via grazie anche alla enorme attenzione offerta dai media circa l’impresa “marinara” della Global Sumud Flotilla che aveva l'obiettivo di portare aiuti di sopravvivenza alla Striscia di Gaza. La Palestina, de facto, è divisa in due territori: la Cisgiordania, governata dall'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) e la Striscia di Gaza “governata”, in seguito al Colpo di Stato del 2007, da Hamas (per la Treccani è un’organizzazione estremista politico-religiosa palestinese fondata nel 1987 da A. Yasin con l’obiettivo di liberare la Palestina dalla presenza israeliana e costruirvi uno Stato islamico).
Subito dopo la presa di potere di Hamas, nel giugno 2007, Israele ha imposto un blocco terrestre, aereo e navale sulla Striscia di Gaza al fine di impedire l’ingresso di armi e materiali che potessero essere usati dai terroristi palestinesi di Hamas per mantenere la posizione di potere e per perseguire il loro primario obiettivo: annientare lo Stato ebraico.
La Sumud Flotilla è una flotta di oltre cinquanta navi che provengono, senza rappresentarli in nessun modo, da 44 Paesi (Spagna, Italia, Grecia, Tunisia e altri). La Flotilla, con la sua impresa in cui diceva di portare cibo e farmaci al popolo di Gaza, ha voluto richiamare l’attenzione del Mondo sulla tragedia umanitaria di bombardamenti e scontri a fuoco che gli abitanti della Striscia (circa 2 milioni) stanno sopportando da parte dello Stato di Israele. Israele, dal canto suo, si sente in dovere di compiere questi atti in risposta all’attentato terroristico che Hamas fece il 7 ottobre 2023 uccidendo 1200 civili e prendendone in ostaggio 250 perlopiù giovani che partecipavano ad un concerto.
Per quanto concerne il blocco navale, nel 1945 esso è stato disciplinato dall'articolo 42 dello statuto delle Nazioni Unite. Premesso che è possibile dichiarare un blocco navale solo nei casi di legittima difesa ovvero in caso di guerra tra due o più stati, i criteri che la Convenzioni di Ginevra ha stabilito per renderlo legittimo sono: 1) la forza militare che lo attua deve comunicare alle nazioni terze non belligeranti la definizione geografica della zona soggetta al blocco stesso; 2) il blocco deve rispettare imparzialità nei confronti delle nazioni non belligeranti; 3) qualsiasi imbarcazione mercantile che violi il blocco può essere catturato e deferita a un apposito tribunale delle prede; 4) qualsiasi imbarcazione mercantile nemica che opponga resistenza al blocco navale può essere attaccata; 5) la forza militare che attua il blocco deve permettere il passaggio di carichi contenenti beni di prima necessità e medicinali per la popolazione locale.
L’avanzata della Flottiglia verso le acque di Gaza ha creato non poche preoccupazioni agli stati a cui appartengono le persone a bordo delle imbarcazioni: un intervento di Israele per fermare le navi poteva rappresentare un serio pericolo per gli equipaggi. La marina militare israeliana, infatti, ha fermato la Global Sumud Flotilla, per fortuna senza arrecare pericolo, contravvenendo al criterio 5 dell’articolo 42 dello statuto delle Nazioni, ma non perché il blocco navale imposto da Israele non fosse legale, come affermano i ProPal, ma semplicemente perché la Flotilla doveva portare cibo e medicinali.
Durante il programma “Porta a Porta”, su Rai 1, Bruno Vespa ha chiesto a Tony La Piccirella, lo skipper portavoce della Global Sumud Flotilla, perché non fosse stata accettata la proposta del cardinale Pizzaballa di lasciare gli aiuti a Cipro e di affidarsi alla Chiesa perché facesse da mediatore nel portarli a Gaza. Lapicella aveva spiegato che l’obiettivo della missione era un altro: “La natura della missione è l’apertura di un canale diretto senza mediatori”, e alle calorose considerazioni di Vespa sul menefreghismo del portare aiuti e sulla consapevolezza, ancor prima di partire, di non riuscire ad ottenere da Israele alcuna considerazione per ottenere questo canale diretto, Lapicella ha risposto: “Contavamo sul rispetto del diritto internazionale e dell’aiuto degli Stati che si dicono civili”. Questa affermazione conferma che la Flotilla era ben cosciente di come sarebbe andata a finire e, più che una missione umanitaria, la loro si è configurata come una sfida allo Stato di Israele: gli aiuti risulterebbero solo una “copertura” e l’approdo diventa un atto di “guerra” che Israele aveva tutto il diritto di contrastare.
Ovviamente non credo che la Flotilla trasportasse pericolosi terroristi armati sino ai denti, ma solo persone che, alla stregua di San Francesco, sono convinte di riuscire a risolvere problemi enormi (guerra, povertà e malattie) con la sola abnegazione e a volte con il martirio, ma, nel mondo finito in cui viviamo, le sole abnegazione, martirio e santità, purtroppo, non hanno mai dato risultati.
Lo scorso 9 ottobre 2025, la guerra di Gaza tra Israele e Hamas si è fermata. Tutti gli attori coinvolti hanno creduto nel piano di pace di una persona di cui tutto si può dire ma non che sia un martire, una persona che non è un santo e non conosce l’abnegazione, ma è semplicemente Donald Trump, presidente degli Stati Uniti!
Quando sentivo autorevoli rappresentanti di partiti politici, sindacati, professori e studenti universitari dichiarare che i governi occidentali nulla fanno per fermare il “genocidio” dei palestinesi, mi chiedevo come poter fermare l’esercito israeliano, ovviamente senza fare la guerra perché, come ci ripetono continuamente, l’Italia ripudia la guerra. Con la diplomazia? Con le sanzioni? A giudicare da quanto succede in Ucraina questi sono mezzi senz’altro utili ma non sufficienti a fermare l’invasione di Putin. E allora… Forse l’unica soluzione era sperare che qualche Paese con molte risorse economico-militari mettesse la propria potenza sul piatto della bilancia… in fin dei conti questo è quello che ha fatto Trump!
Passando all’altro termine di paragone, nel 2023 in Italia, rappresentando le neoplasie più frequenti rispettivamente nelle donne e negli uomini, sono stati diagnosticati 55.900 nuovi casi di tumore della mammella e 41.100 di tumore della prostata (rapporto “I numeri del cancro” 2023 della Associazione Italiana Registri Tumori). Nel 2024 sono state stimate diagnosi di tumore a 3,7 milioni di persone, circa il 6,2% della popolazione totale, di cui quasi 2 milioni sono donne e 1,7 milioni sono uomini.
La Pet è un esame che evidenzia le aree a elevato metabolismo cellulare, dove le cellule tumorali, più avide di glucosio, accumulano un tracciante radioattivo specifico. La Pet consente la diagnosi precoce dei tumori, la valutazione della risposta ai trattamenti oncologici e l’identificazione di metastasi e recidive. Ovviamente è un esame garantito dall’assistenza sanitaria ma, per avere idea della situazione in cui versa la sanità in Italia, porto il caso reale di un cittadino milanese, settantasettenne, pensionato, a cui è stato diagnosticato un cancro alla prostata. Gli è stata prescritta una Pet per capire il tipo di intervento a cui sottoporlo. Il paziente, rivolgendosi al Sistema Sanitario Nazionale per fare l’esame, ha trovato una prima disponibilità a oltre un anno dopo, mentre rivolgendosi ai servizi privati, per la modica cifra di millesettecento euro, ha avuto un appuntamento 20 giorni dopo.
A questo punto quale risposta possiamo darci? Investire tempo ed energia per denunciare la situazione dei palestinesi di Gaza, o adoperarsi per “stimolare” il Governo italiano a prendere provvedimenti per consentire, in tempi ragionevoli, la possibilità di eseguire la vitale Pet? Analizzando tramite Pareto l’efficacia della protesta per Gaza contro i minori tempi di attesa per la Pet, emerge che per massimizzare l’impatto concreto con risorse limitate, è strategicamente più efficace concentrare il 20% delle energie su una protesta per il diritto alla salute dei malati oncologici italiani in quanto ha effetto diretto sul governo, è eticamente forte e trasversale e può generare l’80% dei risultati concreti.
Con tutto l’appoggio ai palestinesi di Gaza ed alle varie Flotilla, penso che sia, non più importante, ma più efficace ed efficiente spendere le nostre energie per dare una possibilità di guarigione a quei quasi 4 milioni di italiani che hanno necessità di curarsi al meglio, piuttosto che fare i Don Chisciotte battendosi contro i mulini a vento. Come ci dice Pareto, l’energia spesa dall’Italia e dagli italiani per la giusta causa di Gaza purtroppo è “a perdere” mentre quella spesa per garantire una Pet, dipendendo dal governo italiano, è molto più efficace. In sostanza la differenza è tra rincorrere una bellissima idea utopica e finanziare una bella idea praticabile.



