Manca la bussola di De Mita
Luigi Filippo Daniele 13:52 Domenica 19 Ottobre 2025 0
L’Area del Confronto di Ciriaco De Mita fu l’ultimo grande laboratorio politico della Balena Bianca. Una stagione di cultura, visione e scontri veri, non di selfie e slogan. Negli anni Ottanta la Democrazia Cristiana era ancora il partito-Stato, ma dentro quella “balena bianca” si agitavano correnti, idee e uomini che discutevano – e litigavano – sul futuro dell’Italia. Tra queste, la più vivace e controversa fu la sinistra democristiana, l’Area del Confronto, guidata da Ciriaco De Mita. Nata per unire le varie anime progressiste della Dc – la Base di Marcora e Granelli, i morotei vicini a Zaccagnini e gli ultimi di Forze Nuove rimasti fedeli all’idea di apertura – l’Area del Confronto rappresentò l’anima più moderna, riformista e sociale del partito. Credeva in una Dc capace di governare il cambiamento, non solo di gestirlo.
De Mita ne fu il leader indiscusso. Dal 1982, quando conquistò la segreteria, fino al 1989, tenne le redini del partito e ne fece il vero centro politico della Prima Repubblica. Sotto la sua guida nacque una generazione di politici di alto livello: Sergio Mattarella, Mino Martinazzoli, Giovanni Goria, Guido Bodrato, Pierluigi Castagnetti, Nino Andreatta. Gente che non cercava visibilità, ma senso. Al XVIII congresso del 1989, la corrente demitiana toccò il 35% dei voti, diventando la seconda forza interna alla Dc, dietro i dorotei. Ma più che nei numeri, la forza dell’Area del Confronto stava nella cultura politica: attenzione al Mezzogiorno, all’Europa, al welfare, a un’economia umana e competitiva insieme. Temi che oggi si fingono “nuovi”, ma che allora erano già oggetto di dibattito serio, senza hashtag.
Poi arrivò Tangentopoli, e con essa la fine della Dc. Molti di quei nomi si ritrovarono a ricostruire, in solitudine, un centro politico disperso. Ma furono anche tra i pochi a uscire da quella tempesta senza macchie morali e con la dignità intatta. Oggi, guardando alla politica italiana, viene da chiedersi: che fine ha fatto quella scuola di pensiero? Quella capacità di confrontarsi senza distruggersi, di unire etica e pragmatismo? Oggi il centro è diventato un contenitore vuoto, popolato più da ambizioni personali che da idee collettive. La Dc di De Mita aveva i suoi difetti, ma almeno aveva una bussola. La politica di oggi, anche quando prova a rievocarne lo spirito, sembra solo un guscio che galleggia, in attesa della prossima corrente – ma non di pensiero, purtroppo. L'immagine di Ciriaco De Mita a Palazzo Cenci-Bolognetti, è quindi simbolo di un tempo in cui la politica si faceva con la testa, non con lo smartphone.



