La Dc e gli strani adulatori

Diciamolo subito senza paura di essere smentiti. È un copione abbastanza noto e questa volta riguarda la storia cinquantennale della Dc. Si moltiplicano in queste ultime settimane i commenti, i ricordi, le analisi e gli approfondimenti su vari organi di informazione degli 80 anni della nascita di questo partito e dei 30 anni del suo definitivo tramonto. Quello che merita di essere ricordato è che i suoi storici ed implacabili detrattori oggi diventano, curiosamente, singolari adulatori. Esaltatori del ruolo politico, culturale e di governo di questo partito e anche della qualità e dell’autorevolezza della sua classe dirigente. Una classe dirigente di leader politici e di statisti che, al di là del giudizio violento e dei soliti noti, non ha più avuto eguali nella storia democratica del nostro Paese.

Ma, per soffermarsi a questi singolari adulatori che, guarda caso, arrivano quasi tutti dal variegato ed articolato fronte progressista italiano – dai politici agli intellettuali, dai gazzettieri giornalistici ai conduttori dei vari talk – quello che impressiona è come si possa passare da una sorta di permanente criminalizzazione politica della Dc e del ruolo che ha avuto nel corso dei 50 anni della sua concreta esistenza nel teatro politico italiano ad una acritica e spensierata esaltazione. E, per restare alla Dc e ai suoi protagonisti, mi vengono in mente le parole di come un celebre direttore del Popolo, Sandro Fontana – storico, scrittore, politico e ideologo della “sinistra sociale” che aveva come leader indiscusso a livello nazionale Carlo Donat-Cattin – li avrebbe definiti. Semplicemente “cattivi maestri”. Cioè tutti coloro che coltivano, ieri come oggi, l’ipocrisia, la doppia morale, il trasformismo e la mai tramontata “superiorità morale” nei confronti degli avversari/nemici politici. Insomma, da strenui ed intransigenti, se non addirittura violenti detrattori della esperienza politica, culturale ed istituzionale della Democrazia Cristiana, a misurati ed equilibrati adulatori. Un capolavoro, appunto, di trasformismo ispirato, come sempre, alla doppia morale. Tutto ciò, almeno credo, per un motivo molto semplice. Fingendo che ormai tutti hanno dimenticato il passato dopo varie rottamazioni e il potente e dissacrante vento populista grillino che ha criminalizzato tutto ciò che non appartiene alla contemporaneità, anche gli storici detrattori della Dc rialzano la testa – che peraltro non hanno mai abbassato forti della loro indole trasformistica ed opportunistica – e dispensano pagelle a destra e a manca. Anche perché hanno la scientifica certezza che quella esperienza – sempre la Dc – è consegnata agli archivi storici definitivamente. Per ragioni storiche e politiche certamente ma anche, e soprattutto, per una strutturale insipienza e mancanza di coraggio di chi ha continuato a riconoscersi in quel patrimonio politico e culturale ma non ha avuto la forza e l’intelligenza di riproporlo seppur con una veste aggiornata e rivista.

Comunque sia e senza cadere nella lettura e nella ricostruzione di questi neo adulatori, è indubbio che per tutti costoro la Dc continua ad essere un “inciampo della storia” o, nella migliore delle ipotesi, un partito che non poteva avere futuro perché appartenente ad una fase politica italiana ormai definitivamente ed irreversibilmente storicizzata. A differenza, come da copione, della cultura politica che sprigiona la sinistra che continua ad essere, secondo costoro, di straordinaria attualità e modernità. Come ci spiegano ogni giorno i loro gazzettieri.

Per queste motivazioni, e di fronte ad una rivisitazione/rilettura storico politica della Democrazia Cristiana, i “cattivi maestri” ritornano protagonisti. E anche il giudizio su un partito che ha segnato la storia democratica del nostro paese continua ad essere quello di sempre. E cioè, una forza politica che si può anche, oggi, apprezzare perché si ha la scientifica certezza che non torna più e che, comunque sia, non può essere di esempio per nessuno. Ecco, appunto, si tratta di “cattivi maestri”.

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