Migranti: arcivescovo Torino, ex Moi diventi riferimento

La liberazione di una palazzina dell'ex Moi, a Torino, "diventi un modello di riferimento per tante altre situazioni del genere. Non penso solo agli immigrati ma ai milioni di poveri, ai giovani, a chi subisce uno sfratto incolpevole, a chi vive sulla strada, a chi è solo e abbandonato a se stesso... insomma ad ogni persona che soffre e sollecita il coinvolgimento e la solidarietà di tutti". È l'auspicio espresso dall'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, nel commentare lo sgombero di questa mattina. "Il percorso avviato e che si snoderà anche nei prossimi anni - sottolinea - risponde all'insegnamento di Papa Francesco che, nel messaggio per la giornata dell'immigrato, indicava alcuni passi da compiere. Anzitutto l'accoglienza basata sulla conoscenza e incontro con ogni persona o famiglia ma vissuta sul piano umano per condividere e rispettare la dignità di ogni persona, i suoi problemi e necessità, le sue speranze. Questo approccio personalizzato e' risultato vincente perché ha fatto sentire ogni persona soggetto del proprio domani". "Ma l'accoglienza anche abitativa non basta a garantire una vita serena e dignitosa - aggiunge -. Occorre procedere poi con l'accompagnamento, l'integrazione e la condivisione".

Monsignor Nosiglia parla del progetto che ha portato a liberare una palazzina dell'ex Moi, a Torino, come di un "esempio di stile importante: quando c'è la volontà e l'impegno di affrontare i problemi sociali insieme, secondo il metodo dell'Agorà, si riesce a moltiplicare le forze e le risorse sia economiche che di personale e di organizzazione". Riprendendo l'insegnamento di Papa Francesco, l'arcivescovo di Torino ricorda che "accompagnamento vuole dire sostenere il progressivo inserimento nella nostra società mediante alcuni impegni quali la conoscenza della lingua, della legislazione e della cultura del nostro Paese, l'inserimento lavorativo dopo l'eventuale orientamento, la qualificazione professionale. L'integrazione comporta soprattutto il superamento di ogni ghettizzazione delle persone a scapito dell'incontro anche abitativo, lavorativo e sociale tra chi proviene da paesi diversi per cultura, religione e costumi sociali. Infine la condivisione che considera ogni persona in grado di dare e non solo di ricevere. Ogni vera accoglienza non è mai a senso unico - osserva - e vogliamo che diventi uno scambio di doni reciproci per aiutarsi insieme a crescere nel rispetto, nella conoscenza, nell'incontro amicale e nell'amore vicendevole". "Mi auguro che questo risultato possa ottenere un effetto volano, che avvii anche a soluzione il problema delle altre palazzine del Moi, e diventi un modello di riferimento per tante altre situazioni del genere. Non penso solo agli immigrati ma ai milioni di poveri, ai giovani, a chi subisce uno sfratto incolpevole, a chi vive sulla strada, a chi è solo e abbandonato a se stesso... insomma ad ogni persona che soffre e sollecita il coinvolgimento e la solidarietà di tutti".

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