VERSO IL VOTO

Forza Italia si stringe a Cirio (fino a farlo soffocare)

Dopo il voto (e la vittoria) in Basilicata per il centrodestra arriva il redde rationem sul Piemonte. Quell'unità "asfissiante" degli azzurri sul nome del politico albese e gli endorsement di Toti che allarmano il cerchio magico di Arcore

Tutti stretti attorno ad Alberto Cirio. Fin quasi a strangolarlo, sotto lo sguardo poi così non troppo dispiaciuto della Lega. Superata l’ultima boa, quella del voto in Basilicata prima del quale Matteo Salvini aveva fatto chiaramente intendere di non voler prendere o avallare alcuna decisione sul Piemonte, per Forza Italia si avvicina il redde rationem.

L'ulteriore successo del centrodestra, incassato in una regione storicamente governata senza interruzione dal centrosinistra, non può che avvicinare il momento cruciale in cui appurare se l’antico patto che assegna al partito di Silvio Berlusconi la nomination dell’avversario di Sergio Chiamparino è ancora ritenuto valido dal Carroccio salviniano. E, non di meno, scoprire se i dubbi sull’europarlamentare sono motivati solo dai rischi di una torsione dell’iter giudiziario, per la possibilità di una imputazione coatta dopo la richiesta di prescrizione nella Rimborsopoli regionale, oppure se dietro all’atteggiamento della Lega ci sia la volontà di bruciare il politico langhetto e piazzare al suo posto l’imprenditore Paolo Damilano, quale candidato civico ma scoperto, indicato e sostenuto dal partito del Capitano.

In questo conto alla rovescia che segna il tempo, ancora ignoto, che separa il vertice del centrodestra nel quale si dovrà formalizzare la candidatura piemontese gli azzurri tengono e accrescono il punto sul loro candidato, anche se dietro più di una dichiarazione ufficiale vanno letti atteggiamenti e convincimenti non sempre in perfetta sintonia con l’enunciato.

Basterebbe, a tal proposito, il caso di Mariastella Gelmini, perfidamente citato dal segretario del Carroccio piemontese Riccardo Molinari quale esempio di ritrovata unità tra i berluscones. La presidente dei deputati azzurri non si è sottratta ai peana nei confronti di Cirio, pur non essendo annoverabile tra i suoi estimatori e avendo operato fino all’ultimo per ostacolarne la designazione. Poteva però, continuando a mettersi di traverso, permettersi di passare per quella che prestava il fianco all’offensiva leghista, che proprio sulle “faide” interne all’alleato ha fatto leva per motivare la decisione di sondare altri nomi? No, non poteva. E allora tutti stretti, anche troppo, attorno al politico di Alba.

Un abbraccio talmente avvolgente quello del governatore della Liguria, Giovanni Toti, da aver messo in allarme e irritato non poco l’ancora influente inner circle del Cav. Quando hanno letto, nel lungo endorsement totiano, quelle righe in cui il presidente ligure di Cirio dice che “è sempre stato un forzaitalista con il cuore vicino al Matteo Salvini” e che viene da “un Piemonte dove esiste un patrimonio unico di valori condivisi tra Lega e Forza Italia”, ai consiglieri più intimi di Silvio è venuto uno stranguglione. I quali drizzando collaudate antenne si sono passati di mano in mano le fotocopie dell’intervista e, dopo consulti serrati tra Roma e Milano, pare abbiano concluso che prima di abdicare in favore di Salvini, offrendogli il destro con quel sostegno senza alternative a Cirio, forse valga la pena di provare a stanarlo, il Capitano. Perché rischiare di avere un candidato pronto per essere bocciato dal leader della Lega, senza porre quest’ultimo davanti a un’alternativa? Perché rischiare che quella benedizione di Toti appaia presagio a un eventuale passaggio del probabile presidente del Piemonte, candidato da Forza Italia, a quel nuovo soggetto cui il presidente della Liguria sta lavorando guardando più verso Giorgia Meloni che verso Arcore?

La vecchia corte che ruota attorno a Gianni Letta starebbe elaborando quel piano B che nessuno, incominciando dai vertici forzisti piemontesi, ha mai voluto prendere in considerazione: tenere pronto un altro nome da mettere sul tavolo nel caso la Lega espliciti quei dubbi su Cirio che da giorni ormai sono noti e che si baserebbero proprio sul rischio trappolone (giudiziario) temuto in primis da Giancarlo Giorgetti, uno che sa come possono andare le cose in politica e quando le elezioni si avvicinano. Ma nel piano B, come stretto giro attorno a Berlusconi, c’è anche il tentativo di non spianare ulteriormente la strada al candidato che la Lega ha pronto. Lo stesso fatto che il capogruppo alla Camera Molinari abbia, l’altro giorno, per la prima volta pronunciato il nome di Damilano fa crescere la consapevolezza tra gli azzurri che lo spazio di manovra sia ormai parecchio ridotto.

Dove e quando cercare di stanare il Capitano ancora non si sa: un summit dei tre leader del centrodestra sul Piemonte è nelle cose, ma non ancora scritto nelle agende. E neppure si sa se si terrà a Palazzo Grazioli oppure, come l’ultima volta con Berlusconi assente, nell’alloggio del Viminale a disposizione di Salvini, proprio di fronte alla dimora romana del Cav nei confronti del quale Salvini non manca di marcare sempre più, anche fisicamente, la distanza.

Cosa potrà succedere è, ovviamente, tutto da scoprire. Certamente dopo il voto di ieri che rimpingua del centrodestra con un'altra Regione, i motivi e soprattutto gli alibi per rinviare una decisione sul Piemonte sembrano davvero esauriti.

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