OPERE & OMISSIONI

Tutti contro l'ameni-Tav della Castelli

Tecnicamente non sta in piedi, economicamente è insostenibile. Eppure per il viceministro il progetto di Durbiano è un buon compromesso. Per ora ha messo d'accordo il fronte del Sì e quello del No: bocciato. Riunione straordinaria dei 5 stelle di Torino

Mini-Tav, Nilo-Tav e altre amenitav. In tanti anni da commissario di governo e presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione, Paolo Foietta ne ha viste e sentite di tutti i colori, ma da quando si è insediato il governo gialloverde “ammetto che le varianti fantasiose al progetto si sono moltiplicate”. L’ultima, in ordine di tempo, è quella dell’ex sindaco di Venaus Nilo Durbiano, da sempre contrario all’opera e adesso alla ricerca di un compromesso: già a marzo aveva scritto al premier Giuseppe Conte, al ministro Danilo Toninelli e al Prefetto per illustrare un tracciato che a suo parere può rappresentare una onorevole uscita dal tunnel: una bella croce sulla galleria di base e il raddoppio del Frejus da Oulx a Modane, 15 chilometri anziché i 57,5 chilometri dell’attuale progetto. In sostanza si metterebbe in sicurezza l’attuale galleria sfruttandola per un unico senso di marcia e se ne costruirebbe una parallela per l’altro. Inoltre l’idea di Durbiano prevede di creare una gronda a Orbassano, dove i treni in arrivo da Genova e da Cuneo si attestano verso la Francia senza entrare a Torino e verrebbe cancellata anche la stazione internazionale di Susa per crearne una a Meana. Una serie di interventi di miglioramento sulla linea Torino-Bussoleno consentirebbero anche al tratto italiano di adeguarsi agli standard europei e dunque, come dice l’ex primo cittadino “stesso risultato con la metà dei soldi”.

Non è proprio così. Prima di tutto perché tutte queste idee non tengono conto che mentre si parla di Tav, i lavori stanno andando avanti su un progetto che è già stato vagliato e approvato a ogni livello ed è oggetto di un accordo internazionale che vede coinvolti Francia e Unione Europea. “Teniamo conto - premette Foietta - che stiamo parlando di ipotesi e che non esiste neanche un progetto preliminare”. Se il governo dovesse scegliere questo percorso dovrebbe realizzare un  nuovo piano, sulla base del quale convincere Francia e Europa, a quel punto procedere con la progettazione definitiva ed esecutiva, realizzare i bandi di gara e solo allora si arriverebbe al punto in cui ci si trova adesso. C’è dunque innanzitutto un problema di tempi.

Ci sono inoltre ostacoli tecnici di cui a quanto pare non si tiene conto. Il nuovo tunnel avrebbe la quota di imbocco lato Italia a 1067 metri sul livello del mare, la quota della galleria del Frejus invece è a 1.269 metri e quindi “non si comprende come le due canne potrebbero essere tra loro collegate e quindi come potrebbero essere rispettate le essenziali condizioni di sicurezza ferroviaria del sistema internazionale di valico” dice Foietta. E ancora c’è poi il problema legato alla tratta italiana tra Bussoleno e Oulx: “Un tracciato caratterizzato da oltre 30 chilometri di gallerie non adeguate agli standard di sicurezza con la pendenza e la tortuosità superiore e la sagoma inferiore a tutti i valichi alpini”.

Infine - e non è cosa da poco - c’è una questione di costi. “Abbiamo già speso un miliardo e mezzo di euro, costruito 30 chilometri di gallerie” fa notare Foietta. Cosa ne facciamo? Tapparle, così come realizzarle, costerà dei soldi, qualche centinaio di milione. Sarebbero ben 3 miliardi le risorse perse solo per buttare all’aria quanto già è stato fatto, calcolando che l’Italia si troverebbe a dover restituire 1.050 milioni a Francia e Ue, oltre ai 350 milioni spesi dal nostro paese che rappresenterebbero un vuoto a perdere. Altri 400 milioni dovrebbero essere spesi per tappare, o meglio, mettere in sicurezza le attuali gallerie. Si aggiunga mezzo miliardo di contenziosi e 832 milioni di finanziamento europeo che verrebbero persi ed ecco che si arriva a 3,1 miliardi. Altra cosa è se su questo progetto si trovasse l’accordo con Europa e Francia: una eventualità decisamente improbabile se si tiene conto che comunque il nuovo piano prevedrebbe costi di messa in sicurezza di 400 milioni, cui aggiungere 1,4 miliardi di spese già effettuate e non recuperabili. A questi costi bisognerebbe comunque aggiungere altri 2 miliardi per realizzare il tunnel nuovo, quello parallelo al Frejus, di cui 1,2 miliardi circa sarebbero a carico dell’Italia.

Chissà cosa ne penserebbe il professor Ponti, esperto di analisi costi-benefici, di una simile opzione che giusto il viceministro alle gaffe Laura Castelli poteva sostenere. È stata proprio lei, infatti, ad annunciare che il governo starebbe lavorando su una proposta dei sindaci della Valsusa (che in realtà è un parto di Durbiano, bocciato da quasi tutti gli amministratori No Tav della valle). L’ipotesi, infatti, oltre a scontrarsi contro le obiezioni dei tecnici Sì Tav, viene considerata un compromesso al ribasso da parte dei duri e puri del No e di gran parte del Movimento 5 stelle a Torino. A questo proposito gli attivisti pentastellati del capoluogo hanno convocato un’assemblea straordinaria “sul problema delle scelte relative al Tav” per il prossimo 5 luglio, una settimana prima rispetto a quella regionale del 12 cui sarà presente anche Luigi Di Maio.

L’incontro ha l’obiettivo di lanciare un messaggio preciso al Governo. All’ordine del giorno c’è la votazione della proposta di una lettera aperta indirizzata “a tutti i portavoce del Movimento 5 Stelle”, ministri, parlamentari, consiglieri comunali, regionali, metropolitani e di Circoscrizione. A loro vengono richiesti una serie di impegni nel ribadire il no all’opera e le ragione di questa contrarietà. Il rischio di una scissione tra i Cinquestelle di Torino e Valsusa su questo tema è altissimo, “il no alla Torino-Lione è l’icona di ogni nostra battaglia” afferma un consigliere di Palazzo Civico, al punto c’è chi ipotizza l’uscita dai Cinquestelle se questo governo non dovesse bloccare l’opera.

print_icon