INTERVISTA

"Chiara è uguale a Giggino, ma ora basta con le sparate"

I 150 milioni per l'area di crisi torinese sono una bufala. Come i mirabolanti progetti di rilancio della città. Porchietto picchia duro su Appendino: "Inadeguata, ora la palla passi alla Regione". Cirio lavora a un piano per la competitività

“La sindaca Appendino ha preso il vizio del ministro Giggino. Lui dal Mise prometteva cose e poi dal ministero è scappato. Lei continua a raccontare la storia dei 150 milioni che arriveranno a Torino per l’area di crisi, quando questo non sta scritto da nessuna parte. Tantomeno nel decreto del ministero dello Sviluppo Economico che dice un’altra cosa”. Lei, Claudia Porchietto, deputata di Forza Italia, componente della commissione Attività Produttive di Montecitorio, un passato al vertice dell’Api e poi in Regione come assessore al Lavoro e adesso divisa tra l’attività parlamentare e il nuovo ruolo di consigliera del governatore Alberto Cirio per le questioni economiche, di cose da dire dopo aver ascoltato la sindaca all’assemblea annuale dell’Unione Industriale subalpina ne ha parecchie. Solito tono diretto, spesso duro, nessuno spazio per supercazzole.

Quelle, onorevole, sembra attribuirle alla Appendino. O è un’impressione?
“Beh… ognuno può definirle come preferisce, ma che la sindaca abbia continuato a sparare balle, ancora parlando all’assemblea degli industriali, è chiaro come il sole”.

Scusi ma davanti agli industriali la sindaca annunciando la visita a breve del premier Giuseppe Conte e del ministro Stefano Patuanelli ha ripetuto che la classificazione di area di crisi complessa porterà, cito testuale, 150 milioni sul nostro territorio. Adesso lei dice che è una balla, come stanno davvero le cose?
“Ripeto, Appendino ha detto una cosa non corretta. Lei dà per assodato che i 150 milioni siano destinati a Torino come area di crisi”.

E non è così?
“No, non è così. Non è scritto da nessuna parte. Diverso è quanto il Mise afferma e ha messo per iscritto, ovvero: se l’area di crisi complessa torinese sarà così brava da attrarre o costruire progetti che si meritino 150 milioni o, assai più probabilmente, una parte di essi allora se ne riparlerà. È un po’ diverso da quanto continua a dire. Su questo equivoco stanno giocando ormai da tempo. Non trovo sia corretto che la sindaca affermi cose improprie. Abbiamo già avuto Di Maio al Governo che sparava e poi tornava indietro”.

Sa che gira la voce che durante il discorso della sindaca il deputato grillino Luca Carabetta, di fronte alle perplessità di più di uno stakeholder su quei fondi avrebbe contattato il vicecapo di gabinetto del Mise, Giorgio Sorial, per avere conferma ricevendo invece un vago rimando a una situazione più complessa e al fatto che un piano per Torino avrebbe solo un potenziale di 150 milioni?
“Questa non la sapevo, ma non mi stupisce per niente. Basta leggere il decreto del Mise, lì è chiaro come le cose non stiano come le sta raccontando la sindaca. Che poi ieri ha pure sciorinato tutta una serie di risultati ottenuti, sembrava che la città di Torino abbia fatto in questi tre anni cose mirabolanti”.

Adesso è lei a non stupire. Mica ci si può aspettare dalla Porchietto un plauso alla giunta grillina. Cosa ci si deve aspettare, invece, sulla vicenda dell’area di crisi?
“Non escludo che il 22 ottobre Conte arrivi promettendo ricchi premi e cotillon. Detto questo, fortunatamente c’è un sistema, dal mondo delle imprese a quello degli atenei e della ricerca, che sta lavorando per far sì che la débâcle causata dall’amministrazione comunale non affossi completamente l’area metropolitana e di conseguenza non crei dei danni a tutta la regione, perché un capoluogo traina tutto il resto in positivo, ma anche in negativo”.

E la politica che fa? Il suo partito esprime il presidente della Regione cui lei darà una mano proprio sul fronte dell’economia e dello sviluppo.
“Bisogna innanzitutto neutralizzare le cose che il Comune ha fatto male e fare quel che non è stato in grado di fare. Veda, prendersi l’etichetta di area di crisi complessa non è un vanto di cui fregiarsi, perché un conto sarebbe stato se sul tavolo il ministero avesse messo risorse concrete e certe, in realtà ad oggi il decreto del Mise ha soltanto stabilito che l’area è di crisi complessa. Insomma ci ha messo un marchio che non ha portato in dote dei soldi. Ci siamo beccati questo stigma senza portare a casa nulla”.

Restiamo sui possibili rimedi.
“Come dicevo abbiamo grandi opportunità e potenzialità date dal sistema delle imprese, ma anche di quello degli atenei, della ricerca. So che d’intesa con il presidente Cirio si sta lavorando affinché il testimone di soggetto capace di mettere insieme tutti quanti passi dal Comune di Torino, che quel ruolo ha dimostrato di non saperlo svolgere, alla Regione”.

Volete portarle via il pallone?
“Veramente questa dell’area di crisi è una partita che spettava essere giocata dalla Regione. Ricorda la diatriba ai tempi di Sergio Chiamparino? Appendino ha giocato sulla vacatio regionale, non c’era più la vecchia giunta non ancora quella nuova e lei si è presa un ruolo che in realtà spetta alla Regione. Che, al contrario della giunta grillina ostinata a fare di testa sua, ascolta il territorio e lo fa partendo dall’area metropolitana e aprendo agli altri territori”.

Il governatore vuole un piano per la competitività del Piemonte.
“E ha perfettamente ragione. Servirà anche per l’area di crisi, sarà indispensabile. Non serve andare a Roma, sedersi ai tavoli e dire noi siamo area di crisi, poi a Torino annunciare l’arrivo certo di soldi che ad oggi non ci sono e domani non si sa. Serve lavorare a progetti concreti ”.

Ha chiamato lei in Regione per questo.
“Io sono consigliere del presidente, non mi sostituisco a nessuno. Farò da raccordo tra gli assessori e il governatore, darò il mio contributo”.

Quali saranno le linee di questo piano, i primi passi?  
“In Piemonte abbiamo dei quadranti territoriali che hanno grandi competenze che vanno dal mondo dell’agricoltura a quello ancora oggi importante e spesso sottostimato delle cave, delle acque e poi tutto il sistema della manifattura di eccellenza senza tralasciare il turismo e la cultura. Nei cinque anni precedenti non c’è mai stato un piano organico per far sì che tutto questo venisse messo a sistema e che non lavorasse a compartimenti stagni. La Regione si appresta a creare un sistema articolato e complesso dove tutti possano concorrere a creare pil e posti di lavoro. Quello di cui c’è bisogno”.

Quando si parte?
“Adesso. C’è un percorso da fare, ovviamente impegnativo ma sul quale non si può perdere tempo. I primi passaggi potrebbero essere la riprogrammazione delle risorse non spese, la rivalutazione e declinazione di alcuni progetti specifici. Ma resta il punto che il piano voluto dal presidente Cirio dovrà essere la bibbia della nuova programmazione per lo sviluppo e la crescita del Piemonte”.

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