POLITICA & GIUSTIZIA

Falso in atti elettorali, indagati i vertici di Lega e Forza Italia

L'inchiesta dopo la cancellazione di un candidato dalla lista del Carroccio alle scorse Comunali di Moncalieri, quinta città del Piemonte. Avvisi di garanzia per Zangrillo, Molinari e Benvenuto

Tutto è partito dall’esposto dei Radicali che ha portato la Procura di Torino ad aprire un fascicolo. In queste ore sono stati recapitati gli avvisi di garanzia al commissario di Forza Italia in Piemonte Paolo Zangrillo e ai vertici regionale e torinese della Lega, il capogruppo a Montecitorio Riccardo Molinari e il deputato Alessandro Benvenuto. Il caso ruota attorno alle elezioni di Moncalieri, avoltesi lo scorso 20 e 21 settembre. Alla vigilia delle urne, viene depennato dalla lista della Lega il nome di un candidato, Stefano Zacà, quando ormai era già stata chiusa la raccolta della firme sui moduli in cui lui compariva regolarmente.  

L’inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Enrica Gabetta e dal pm Gianfanco Colace. L’ipotesi di reato è “Falsificazione di materiale mediante alterazione e/o sostituzione di atto vero destinato a operazione elettorale”, come previsto dall’articolo 90 (commi 3 e 4) del decreto presidenziale numero 570 del 16 maggio 1960. 

 

I fatti risalgono allo scorso autunno, alla vigilia delle elezioni di Moncalieri, quinta città del Piemonte. L’ex capogruppo di Forza Italia in Comune, Zacà appunto, abbandona il suo partito a poche settimane dalla presentazione delle liste e trova subito asilo nella Lega. Ne nasce un caso politico; per i berlusconiani si tratta di un affronto gravissimo da parte degli alleati, così Zangrillo chiama in causa i vertici del Carroccio e chiede (e ottiene) che Zacà non venga candidato. Per questo il fratello del medico personale del Cav. sarebbe indagato in concorso.

Il tempo stringe, entro poche ore da quegli accesi confronti si sarebbero dovute depositare le liste sulle quali sono già state raccolte le necessarie firme a supporto. La decisione estrema è di cancellare, con un tratto di penna, il nome di Zacà e consegnare gli incartamenti come se nulla fosse. Viene incaricato un funzionario della Lega, Fabrizio Bruno, anche lui indagato. Non è però ammesso che le liste subiscano delle modifiche dopo essere state sottoscritte dai cittadini, che hanno firmato dei moduli diversi da quelli che poi sono stati depositati. Di qui il ricorso dei Radicali e la successiva indagine che ha portato agli avvisi di garanzia. Zacà fece poi ricorso e dopo aver perso di fronte al Tar ottenne la riammissione dal Consiglio di Stato. Intanto però la questione aveva destato un certo clamore e dai tribunali amministrativi la vicenda è finita sotto la lente della Procura della Repubblica.

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