PALAZZI ROMANI

FdI "soffia" le Province alla Lega. Elezione diretta e nuovi poteri

Lo prevede la proposta di legge di Nastri, senatore meloniano piemontese. E così il superamento della riforma Delrio verrebbe stralciata dal tavolo del ministro Calderoli. Una mossa per far viaggiare il doppio binario autonomia-presidenzialismo

S’intravvede un ennesimo sorpasso a destra. Stavolta i Fratelli d’Italia mettono la freccia su una delle corsie che la Lega ritiene e rivendica come preferenziale: quella dell’autonomia. A far ingranare la marcia ai meloniani su una strada che incrocia l’altra a loro ancor più cara qual è il presidenzialismo, obiettivo che da sempre indicano debba andare di pari passo con i maggiori poteri alle Regioni, è una riforma attesa e reclamata ormai da quasi dieci anni: quella delle Province.

Nove anni fa la legge che porta il nome dell’allora ministro piddino Graziano Delrio e che a lui valse l’anagramma usato per descrivere, appunto, il delirio conseguito a quella finta abolizione degli enti territoriali intermedi, segnò un cambiamento che alla fine non piacerà a nessuno e scontenterà tutti. Il fallimento del referendum costituzionale voluto da Matteo Renzi che le Province le avrebbe davvero eliminate, contribuirà a tenere in vita una sorta di mostro giuridico, con sempre meno risorse e, per giunta, con organi elettivi figli di strambe elezioni di secondo grado con le indicazioni rimandate ai Comuni, privando i cittadini di scelte che per decenni erano state loro. 

La stessa Corte Costituzionale in un recente sentenza, a proposito delle Province, ha sottolineato come sia “urgente un riassetto degli organi di queste ultime, risultando del tutto ingiustificato il diverso trattamento riservato agli elettori nel territorio della Città metropolitana rispetto a quello delineato per gli elettori residenti nelle Province”. Insomma, perché i cittadini eleggono il sindaco metropolitano e non possono eleggere il presidente della Provincia?

“Entro un anno riporteremo i cittadini a votare per le Province”, promette Matteo Salvini facendo di questo obiettivo uno dei pilastri del progetto cui sta lavorando il ministro Roberto Calderoli cercando di segnare con il tratto dell’autonomia rafforzata l’azione leghista di governo e non di meno di dare quelle risposte che lo zoccolo duro nordista del partito reclama con sempre maggior vigore. E, però, mentre la Lega è pronta a cavalcare il tema è proprio il partito egemone del centrodestra ad anticipare il Carroccio salviniano, sfilando dal calderone dell’autonomia la parte che riguarda le Province. 

“A nove anni dall'entrata in vigore della legge Delrio è arrivato il momento di mettere fine alle lacune, alle contraddizioni e alle tante criticità di quella riforma e restituire agli italiani la possibilità di riappropriarsi di un concreto presidio della difesa per i territori”. A dirlo è Gaetano Nastri, esponente di spicco di FdI, novarese, rieletto in Parlamento e questore del Senato. Ma Nastri non si limita all’enunciato: è infatti firmatario, insieme al compagno di partito Marco Silvestroni, della proposta di legge per il ritorno all’elezione diretta degli organi provinciali, ma anche “per definire le competenze costituzionali e le responsabilità legislative e finanziarie al fine di migliorare l’esercizio delle funzioni delle Province e delle città metropolitane”. Il parlamentare piemontese, naturalmente, non manca di rimarcare quel “ripristino della sovranità popolare sancita dall’articolo 1 della Costituzione attraverso la sola modalità costituzionalmente prevista, cioè il suffragio universale, e la reintroduzione dell’elezione diretta del presidente e dei consiglieri della provincia e, ovviamente, la stessa cosa per il sindaco e i consiglieri metropolitani”.

Il ritorno a pieno titolo di questi enti “con funzioni, eletti, denari e poteri”, come ha scandito Salvini nel suo intervento, nei giorni scorsi al festival delle Regioni e delle Province autonome, sembra dunque destinato a salire nell’elenco delle priorità del Governo di Giorgia Meloni. L'iniziativa del senatore piemontese, oltre a un sorpasso sulla corsia preferenziale della Lega, potrebbe essere una mossa per stralciare la questione dalla partita dell’autonomia regionale rafforzata assicurandosi che quest’ultima vada di pari passo con l’altra riforma, quella presidenziale.

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